Troppo in fretta, troppo lentamente. Il tempo non scorre mai, nei ricordi, allo stesso modo in cui procede realmente o nella memoria. Memoria e ricordi sembrano, ad un impatto superficiale, lo stesso concetto e invece sono profondamente, radicalmente diversi. Mentre la memoria procede dal nostro intelletto (non a caso indica sia la “capacità”, sia l’oggetto dell’azione compiuta), i ricordi sono qualcosa che viene dal cuore, che subisce la rielaborazione del nostro lato intimo ed emotivo. Non c’è un caso più evidente, come quello che tocca i ricordi dei nostri figli: mentre hanno le coliche il tempo si dilata fino a sembrare eterno. Qualche anno dopo, quando richiamiamo alla mente il periodo in cui li avevamo fagottini tra le braccia, ci sembra un lampo fugace (oltre che molto meno tragico di quando lo vivevamo. Il cosiddetto “velo pietoso”, in pratica). Un granellino minuscolo e insignificante nella clessidra della vita dei nostri bambini, magari ormai già con la voce da uomo sotto la barbetta ancora poco uniforme. Quello stesso tempo che avvertiamo scorrere via troppo impietoso quando viviamo attimi indimenticabili come il primo sorriso che scioglie tutto il turbinio di ansie del primo mese, improvvisamente inchioda di botto quando il nostro piccolo sbatte allo spigolo procurandosi un bernoccolo da guinness dei primati.
Il tempo dei bambini è come loro: è fatto di lentezza, di impennate, di scatti e riprese. Quei ricordi della prima, minuscola tutina con i piedini da animaletto, che sembrano impossibili da cancellare, pian piano impallidiscono, lasciandocene una sete struggente e inesaudita.
Ci passano sopra nevicate, recite scolastiche, denti caduti, esami di maturità, cuori infranti, come i cingoli di uno spietato carro armato sopra una scalinata di cristallo. Eppure le sensazioni che abbiamo associato all’immagine, restano vive e, anche se non ho l’esperienza diretta, sono convinta restino incise nell’animo di una mamma finché ha vita. Anche quando non siamo più in grado di ricordare con precisione un evento o la sua collocazione temporale (tipo mia mamma, secondo cui io a 8 mesi dicevo “botto” indicando un bottone. Vabbè che ho sempre avuto la lingua lunga ma…insomma….!).
Ok, magari non erano 8 mesi (o magari sono un enfant prodige e non lo sapevo 😛 la faccia da curiosona, dalla foto, c’era). Ma sono sicura che quella scena sia accaduta tale e quale.
Adesso che abbiamo strumenti tecnologici straordinari, abbiamo l’occasione di fermare davvero il tempo come mai nessuna generazione prima. E tutto questo è un’opportunità grandiosa. Solo, spero che possiamo scantonare il rischio di abusarne e guastare la nostra capacità di imprimere tutto dentro uno scrigno segreto immateriale, quali sono i ricordi. Persi nel girare video e scattare foto, non si finisca per godersi meno gli attimi di felicità e banalizzarne la rievocazione. Non ricordo dove, non ricordo chi, ma qualche giorno fa leggevo una mamma che in un’esternazione secondo me bellissima (e che condivido in pieno, dato che succede anche a me) diceva che non era capace di fissare i momenti migliori in foto. Quando era immersa in una felicità di quelle che ubriacano, perdeva come la lucidità necessaria per riprenderla. Ecco, a me capita molto spesso. Mi sono accorta, sfogliando gli album con i nostri ricordi di famiglia, che più mi ero divertita in una gita o in un viaggio e meno foto avevo scattato. Ero troppo presa ad assaporare l’attimo con i miei bambini, per pensare ad altro, nemmeno il “salvare” tutto su un qualsivoglia supporto faceva eccezione. Dopo, ovviamente, mi rattristo e mi tiro le maledizioni. Ma poi succede ancora e ancora, non posso farci niente, è più forte di me. Per fortuna, ho una buona memoria almeno. Certo, i miei sono ancora ricordi “freschi”: non ho degli adolescenti o degli adulti, parliamo di massimo 6 anni, considerando anche la gravidanza di Lorenzo. Nel 2009 non avevo uno smartphone di ultima generazione, né tablet o tantomeno un macbook. Eppure venerdì, questo è il siparietto a cui avreste potuto assistere passando per il percorso da scuola a casa.
Lorenzo: “Costanza…tu quando eri piccola dicevi apa per dire acqua” (risatina)
Io: “Lorenzo anche tu da piccolino dicevi un bel po’ di parole strane…ad esempio kababa per banana e soprattutto accayoyoyo, che faceva ridere da morire mamma e papà e che non si è mai capito cosa significasse”. Da piccolissimo quando sentivi borbottare la moka esclamavi “caUè!”
Lorenzo si è divertito immensamente a sentire il mio racconto: ho ripescato tutto con la sicurezza di una vecchia bibliotecaria che alla richiesta di un documento astruso, corre decisa allo scompartimento giusto di un archivio immenso, senza batter ciglio.
Tipo lei, in pratica.
Quanta tenerezza nel ripensare a quei momenti in cui ero mamma per la prima volta, con tutto il bagaglio universale di tremore e paura di non farcela. Una scintilla di quella sensazione, sono certa che la conserveremo, campassimo cent’anni, ma col tempo e l’esperienza riusciamo a tenerla a bada e non farle guastare le gioie della maternità.
Allora ricordiamoci qualche volta di spegnere tutto, tranne il cuore. Di dimenticarci del tempo, dello spazio e sederci in quella stanzetta con lo scrigno che vi dicevo prima. Mentre le vite che abbiamo generato ci sfilano davanti, guardiamole e basta, ma col cuore aperto a raccoglierne ogni minimo dettaglio per conservarlo a caratteri di fuoco nei recessi inviolabili di una mamma. Funzioniamo meglio di qualsiasi Google Drive, sapete?
Questo post partecipa al brainstorming mensile di #stormoms #ricordidamamma
2 Comments
Sì e no. Anzi, aiutami. Sì a usare meno tecnologia: ci sono certi istanti in cui sento che l’amore e la gioia traboccano e mi fermo, respiro a pieni polmoni, li fisso in tempo reale, me ne accorgo proprio. E, spero, resteranno impressi, vista la forza con cui li ho “bevuti”. Ma anche “no” perché…mi spiace dirlo, ma se non fosse per “quella” foto, per “questo” video, e così via, molte cose non le ricorderei. Sembrano eterne, in virtù dell’amore infinito che proviamo. Eppure… Tu te lo ricordi il viso di tuo figlio appena nato? Senza una foto davanti… Ti ricordi le frasi tipiche del tuo primo figlio quando aveva 2 anni? Cavoli, io se non rileggo le mie note, se non avessi tante fotografie…molte cose, moltissime, le perderei. Ma perché mi ricordo la faccia di un ex collega di cui non mi frega nulla e invece non so ricordare il volto di Sarah a un anno? E’ come se assistendo alla sua crescita senza sosta nuove immagini e nuove felicità sostituissero quelle passate (tranne ovviamente certi eventi “big”). Non succede anche a te?
certo, infatti penso che la tecnologia, usata in questo senso, come “aiuto” sia FANTASTICA. Altrimenti che scriverei a fare un blog? 😀 per quello dico, è più importante conservare le cose nel cuore, quell’atteggiamento, ma tutto l’aiuto che possiamo trarne dai supporti, ben vengano 😉