“Sono pronti?”
È una frase che qualunque neo mamma si è sentita ripetere spesso riguardo almeno i tre argomenti principali di conversazione sui bambini “bravi” o meno: nanna-pappa-via ciuccio e pannolino. Se un tempo prevaleva la linea dell’indipendenza il prima possibile, ora si tende sempre più a procrastinare (a volte diciamocelo, per pigrizia, perché magari siamo oberate, insicure-ci penseranno al nido ecc.). Quest’ultima tendenza si avvale di detta frasetta magica, appunto: “lo farà quando sarà pronto“. A questo proposito vorrei raccontarvi la mia esperienza. Credo di avere il cosiddetto imprinting latino, di solito credo che in medio stat virtus: applicare rigidamente “metodi” e manuali di guru tipo i soliti Estevill, Hogg e company non è proprio nelle mie corde. Questo non significa che siano inutili: sono letture che tutte noi mamme alle prime armi abbiamo affrontato e ne abbiamo tratto sicuramente spunto. Ma uno spunto è ben diverso che mettersi in testa di addestrare bambini come fossero animaletti domestici, tutti uguali. La stessa Tracy Hogg avverte che molti bambini non sono inquadrabili in un profilo ma condividono caratteristiche comuni a diversi bambini “tipo” che lei tratteggia (gli “angelici”, i “sensibili”, i “vivaci” ecc.). Essendo ormai a quota tre, riscontro pressoché tutti i santi giorni come, al di là di tratti sicuramente universali, ogni bambino sia un universo totalmente unico, non replicabile. L’esperienza è sicuramente utile a noi genitori per affrontare i progressi e le tappe con più dimestichezza e meno ansie, ma resta il fatto che [Tweet “il nano successivo ha l’imbarazzante potere di spiazzarti ogni volta, quando credi di “saperne a pacchi””]. Ad ogni modo, se la filosofia dell’autonomia ad ogni costo non fa per me, nemmeno mi sento di sposare la tendenza opposta del “deciderà lui quando…”. Trovo sia un concetto anche giusto, in teoria, ma troppo spesso scivoloso e banalizzato. Inoltre trovo che i bambini non debbano essere gli unici “tiranni” della casa: anche la mamma e il papà o i fratelli hanno diritto al benessere. Se il co-sleeping, l’allattamento a richiesta o quant’altro diventano incubi, vuol dire che è arrivato il momento di cambiare rotta o almeno mettere dei paletti. I bambini, per la natura delle cose, hanno bisogno di vedere in noi una guida, che dia loro sicurezza. Non con il “pugno duro”, ma con un’amorevole autorevolezza derivata dalla fiducia. Per questo, nelle tre situazioni suddette, notoriamente “difficili”, mi affido, un po’ come nel parto, alla teoria del “segnale che va colto”. Se teniamo le antenne ben dritte, i nostri bambini ci lanciano di continuo messaggi “in codice”: a volte chiarissimi, altre volte vanno analizzati con più attenzione. Un po’ come quando, all’inizio, il loro pianto ci appare sempre uguale ma poi, affinata la nostra sensibilità, impariamo a riconoscerne le sfumature e il significato. Lo stesso vale per l’ essere, appunto “pronti” ad affrontare i cambiamenti verso la crescita. i miei allattamenti, svezzamenti e quant’altro hanno avuto -e hanno- tempistiche diverse, ma vado fiera di aver rispettato non delle tabelline pediatriche in serie, ma di aver seguito quanto mi comunicavano i miei piccoli. L’esempio forse più classico è quello dello svezzamento: ogni tot anni le linee guida e le mode cambiano: 4 mesi o 6? Se lo svezzo troppo tardi rischio allergie? E troppo presto comprometterò l’allattamento? Sono dubbi normali, proprio perché tra i pediatri, le nonne e le amiche i pareri sono terribilmente discordanti, mandando ancora più in confusione. Allora, mi sento di lanciare un appello: ascoltare i vostri bambini. Se si consiglia questo lasso di tempo è perché generalmente in questa forbice è compreso il raggiungimento di alcuni importanti obiettivi come: perdita almeno parziale del riflesso di estrusione (ossia il meraviglioso salvavita escogitato da madre natura per evitare il soffocamento dei neonati, per cui a contatto con dei pezzi, la lingua li rigetta istintivamente in fuori), stare seduti abbastanza stabilmente da soli, curiosità verso il cibo dei “grandi” a tavola. Anche la comparsa di dentini può offrirci un indicatore in tal senso. Insomma, non è un linguaggio poi così criptico, basta osservare con un occhio lungimirante e agire di conseguenza. Anche per la nanna si può tentare un passaggio “dolce” (da lettone a lettino o da lettino in camera dei genitori alla cameretta): un bimbo che riposa tranquillo di giorno, che non ha disturbi tipici dei primissimi tempi (coliche, aria, reflusso ecc.) è molto probabile che accetti di dormire in uno spazio più “avventuroso” rispetto alle braccia o al contatto fisico stretto con la sua mamma. In questo senso, se avete deciso di abituarlo al lettino, è opportuno cominciare di giorno, familiarizzando col nuovo ambiente quando il piccolino è sveglio e rilassato. Quando il riposino diurno sarà ben consolidato si può passare alla notte, mettendo in conto tanti accorgimenti per tranquillizzarlo. In ultimo, per spannolinare è consigliabile che il bimbo sia spesso asciutto dopo la nanna, che sappia fare le scale in modo fluido, che lanci segnali di fastidio verso il pannolino durante il cambio ecc. Insomma, anche qui ci sono molteplici indizi per valutare che sia più o meno “pronto”. In ultimo, due regole effettivamente “universali”: non affrontare passaggi potenzialmente traumatici se è in corso un qualche elemento destabilizzante della routine familiare: un fratellino in arrivo, un trasloco, i primi tempi dell’asilo e così via. I nostri bambini sono una fonte perenne di stupore: a volte bastano poche settimane di “stop” per ritentare con successo! Meglio non intestardirsi, quindi, se le condizioni sono troppo palesemente avverse: si rischia un esaurimento noi, un insuccesso umiliante per loro che può rendere più duro riprovare successivamente. Non è una frase fatta: è fondamentale che siamo “pronti” noi, per primi: un genitore indeciso, che va a tentoni provandole tutte a casaccio, disorienta il piccolo e rende tutto il processo più difficoltoso. Presa la decisione, è bene non tornare sui passi, tranne in caso di problemi davvero molto seri, e anche in questo caso è bene riprovare a breve. Non dimentichiamo mai che il nostro compito privilegiato è accompagnarli con dolcezza e fermezza, a conquiste sempre più grandi. Anche i più apparentemente restii, si riempiranno di orgoglio nell’imparare, se sappiamo insegnare e non imporre, indicare la via e non lasciarli a sé stessi.
Sarà difficile lasciarti al mondo e tenere un pezzetto per me…(A modo tuo, Elisa)
2 Comments
Bellissimo post! Anche se alla mia prima esperienza mi trovi pienamente d’accordo. Dallo spannolinamento siamo lontani, ma per quanto riguarda nanna e svezzamento, cerco di capire i suoi segnali (fortunatamente mi viene facile perché è una bimba che si fa capire): lo svezzamento è iniziato quando lei mostrava interesse verso i nostri piatti, stava già seduta e le erano spuntati dei dentini, tutto questo prima dei sei mesi. In tutto questo abbiamo fatto di testa nostra: arriverà al controllo pediatrico già svezzata!
Anche qui il terzo è molto precoce, credo di iniziare la frutta tra un mese, massimo 5 e mezzo sperando gli migliori anche il lieve reflusso!