L’estate è un po’ per sua natura il tempo dei remi in barca, della riflessione. La mente vaga nei cassetti dei ricordi e oggi, nell’allattare Alessio, mi sono soffermata a ripensare a quanto mi fosse riuscito difficile con Lorenzo, a quanto poco era durato quel sofferto eppure così desiderato contatto. A quanto, ancora si sente dire tristemente, in giro (anche e soprattutto tra mamme): “eh, non ci hai creduto abbastanza” o biasimi su questa falsariga. Ho ripensato alla me stessa di allora, come una pianticella fragile fragile sbattuta dalla bora di Trieste di consigli, aspettative, ansia da prestazione, spostamenti continui. E, forse davvero per la prima volta ho provato una tenerezza infinita verso quella neo-mamma quasi bambina nell’animo e nell’esperienza. E ci vedo tante altre mamme, che allattano piangendo o ingoiando bocconi amari. Allattare può essere un’esperienza straordinaria ma il nemico, quello numero uno e a volte inespugnabile è lo stress. Sì, lo stress della situazione tutta nuova, ma forse anche il carico di stress “atavico”, che viene da molto lontano, accumulato da una tutta una vita che ha dei ritmi molto lontani dal dolce torpore che avvolge un allattamento ben avviato. Tutto sembra cospirare contro questo “fortino” costituito dalla neo mamma e dal bebè, nessuno sembra capire quanto sia difficile, la prima volta. Ancora oggi, in un mondo radicalmente trasformato, si sventola lo slogan che allattare “è naturale” “è la cosa più istintiva di questo mondo” e altre corbellerie varie. Forse era vero un tempo: lì in quelle cascine multi familiari, dove il cortile era animato dagli schiamazzi dei ragazzini in calzoncini corti e ginocchia scorticate. Non è più vero oggi, con le donne schiavizzate da un multitasking che suona come una condanna a morte se non stai “sul pezzo” (ossia se osi adagiarti nella bellezza della maternità, sia mai gustandotene la lentezza). No, oggi devi lavorare fino alla sala parto, devi tornare in forma due settimane dopo (“che non la vedi Kate Middleton che pare uscita da un percorso emozionale in spa anziché dall’ospedale?”) e devi essere moglie, madre e lavoratrice modello in contemporanea senza perdere un colpo. Allattare diventa naturale dopo molto tempo, per noi donne e mamme 2.0. Noi sappiamo creare un sito o preparare i muffin mentre correggiamo i compiti degli alunni per l’indomani. Sappiamo fare shopping con le amiche o cullare il pupo con le coliche. Ma allattare è diverso. Somiglia al parto, per certi versi: mette di fronte a qualcosa di talmente primordiale che il nostro cervello, abituato a cose complicate, non sa più codificare. Ci riesce solo con sforzo estremo e non bene. D’altronde, le prime volte non sono quasi mai facili, in tante cose. Chi può dire di non essere caduto dalla bici mentre provava? Di non aver ceduto alla paura di non farcela, anche solo per un attimo? Chi può dire che è stato bello, la prima volta, in tutte le cose? Solo un’ipocrita. Forse per qualche fortunata è così, ma non sono loro le “normali”, care mie. La normalità è quella sensazione di inadeguatezza e di spaesamento. Sono felice di aver tenuto duro perché, dopo, sì, è bello. E’ bello quando senti che appena il tuo piccolo si attacca, immediatamente tutto il tuo essere si rilassa, si distende in quell’abbraccio che spazza via la tensione di qualsiasi attività snervante tu possa aver svolto fino all’attimo appena prima. In quel momento è come se le luci e il frastuono intorno sbiadissero. Come quando entra nella stanza quella di cui stavano parlando e di colpo le voci si abbassano imbarazzate. Ecco, tutte le altre cose si imbarazzano di esistere, di fronte allo spettacolo meraviglioso di una mamma che tiene stretta la propria creatura. Ma questa estasi domestica è per sua natura fugace. Basta un: “oddio ho ancora i piatti da lavare” (figuriamoci se la suocera dice che il tuo latte è acqua, per dire) e l’incantesimo è spezzato, come la mezzanotte che si inghiotte la carrozza di Cenerentola.
5 Comments
Bellissimo questo post: ho ritrovato nelle tue parole le difficoltà del primo allattamento e le sicurezze del secondo.
eh sì, la seconda volta mi ha ripagata degli sforzi del primo…ma al terzo sono tornata in categoria “junior”, i primi tempi!
Azzeccatissime le sorellastre e il paragone dell’incantesimo spezzato!!! Quando ti dicono quelle cose hanno proprio le stesse identiche espressioni del viso… ma ti suggerissero COSA e COME fare invece di menare solo gramo…..????
Niente è facile se lo si conquista da soli… un abbraccio Eli
quando sei fuori dal tunnel ci ridi su ma sul momento somiglia davvero ad atti di bullismo .__.
[…] Infine, quando penso a tutte le mamme che si accingono a vivere questa straordinaria avventura, mi viene istintivo mandarvi un abbraccio forte di complicità e comprensione. Rivedo la me stessa spaesata e confusa ma che alla fine è sopravvissuta a consigli opposti, pediatri, tiralatte e biberon. Insomma, sono qui, viva e vegeta con due figli normopeso e un terzo in dirittura d’arrivo. Se è stato così per me…sappiate che, per quanto sto slogan abbia un po rotto…YES YOU CAN. […]