Se mi seguite dallo scorso dicembre, saprete quanto abbia un animo nerd e una vena amarcord che ogni tanto fanno capolino e vi ammannisco su queste pagine. (e se vi siete persi la mia Memory Lane natalizia, male, MOLTO male, ma potete recuperare e vi conviene farlo ora, subito, dato che mancano solo 99 giorni a Natale! 😀 ).
Poco tempo fa mi sono imbattuta in questo post simpaticissimo (e sottoscrivibilissimo) di Silvia e c’ho avuto il mio vintage-attack quotidiano. Ho fatto un tuffo nell’infanzia, una “mini me” col frangettone (altro che Non è la Rai, io ero già avanti!), le gonne pantalone e le superga a fiori (in pratica roba che adesso sarei super fashion)…ed è stato inevitabile pensare quasi di default a tutti gli snack nonneschi custoditi gelosamente in dispensa e nei cassetti dei vecchi comò, apposta per quando arrivavano le nipotine.
Si vede che i capelli me li tagliava mammà…
Mentre la mia mamma se n’è sempre fregata bellamente di cosa passava per le nostre fauci infantili e quindi via libera a tegolini, girelle, yoyo, piedoni, twister, lecca lecca col fischio e tutta quella robaccia fucsia chimicissima annessa e connessa, mia nonna si dilettava di cosine un attimino più chic e sofisticate.
Roba sana eh…(pics random sul web, non me ne vogliate)
Ogni familiare aveva la sua caramella: per mia zia c’era la rossana (bleah, stucchevolissima, mi dava la nausea), mio nonno aveva un arsenale di polo, forse per contrastare l’alito da sigaretta perenne (e con cui, secondo la spaventevole leggenda familiare aveva rischiato di strozzare mia mamma), e mia nonna, dal canto suo, si riservava delle amarissime caramelle al rabarbaro (dico, lo avete mai assaggiato?! Ecco, credo se ne siano perse le tracce, di questa sostanza, per ovvie ragioni -forse lo conoscono solo Cannavacciuolo e Bastianich che si produrrebbe all’istante nel suo mitico vuoichemuoro).
Per le nipotine adorate invece, in quanto piccole principesse di casa, c’erano solo due oggetti del desiderio: le galatine e le violette.
Caramelle che ancora oggi, se chiudo gli occhi, posso assaporare. Che sanno subito di casa profumata di pulito (ok, le violette, di detersivo lo sanno un pochino tanto, ora che ci penso…), di sacchettino scrocchiante annodato col nastrino di merceria del quartiere. Delle violette apprezzavo più che altro la forma a fiorellino, mentre le galatine erano indiscutibilmente buone, con quel gusto universale, che è l’alimento per eccellenza dei primi mesi/anni di vita umana: il latte. Lo spaccio ufficiale di queste leccornie era il mitico Castroni. I romani all’ascolto capiranno al volo. Dico solo che era un po’ il ritrovo della zona: di fronte all’edicola, di fianco alla chiesa (pure il prete col capannello di aspiranti perpetue, ci faceva una tappa obbligata). Solo ad affacciarti, il paese delle meraviglie: banconi interi per le miscele di caffè e le varietà di tè, filari di spezie da tutto il mondo, distese a perdita d’occhio di bon bon che parevano usciti dritti dritti da qualche cartone ottocentesco tipo Lovely Sara. Tra le tante squisitezze ormai tristemente estinte o quasi introvabili: i laccatissimi fruttini di marzapane, le gocce di rosolio (chiamate poeticamente “lacrime d’amore”, tutte colorate ma così fragili che rischiavano sempre di spappolarsi se te dimenticavi per sbaglio in borsetta), i confettini di zucchero, una gioia per gli occhi, ammiccanti dai barattoli di vetro giganti, le caramelle inglesi (i “paninetti” cubici con lo strato di liquirizia al centro). Di solito noi uscivamo da questo bar-emporio d’altri tempi con un sorriso a 32 denti e le manine colme di pacchetti con un mix di tutto.
Da poco ho scoperto che a Bergamo alta esiste una bottega tutta di legno che ancora vende praticamente solo questi meravigliosi cimeli del tempo che fu, a momenti mi scendeva la lacrimuccia mentre succhiavo la piattella bianca adorata che, ho scoperto, gode ancora di ottima salute commerciale. Anzi, ha di recente bissato con il gusto fragola, una specie di meraviglioso aroma di milkshake che non mi pare di ricordare all’epoca mia (OMG). Ecco, mentre io mi iscrivo con passione al gruppo facebook “lottiamo per il ritorno del winner” e mi guardo su youtube “quando si cambia si passa a camillino”…penso a come un sapore semplice, dal packaging minimal e poco sbrilluccicoso, sia sopravvissuto nel tempo, fino ad approdare in un’epoca in cui la cultura del cibo è profondamente cambiata. Anzi, una piccola novità su questa linea, è la stagnola intorno alle singole caramelle, ottimo se si vogliono usare, come faccio io, per metterle in sacchettini misti, in versione sfusa. Io lo faccio sempre ai compleanni dei bimbi: all’asilo non si possono portare torte ma è consuetudine preparare 30 sacchettini di dolcetti per i compagni.
Penso che, se in tempi di Expo e di Hell’s Kitchen, come mamma mi azzardassi ad appioppare qualcosa tipo i rotoli di gomma cola friz ai miei figli (a quelli altrui peggio ancora), passerei per un mostro criminale degno della gogna più spietata, al parchetto come sui social. Mentre sono certa che una galatina, con il suo appeal di evergreen naturale, senza glutine e priva di coloranti chimici, otterrebbe il placet di guru del bio-salutismo stile Carlitadolce: infatti vive una seconda giovinezza. La caramella ammissibile, che non fa alzare sopraccigli mentre i pargoli se la godono indisturbati.
Insomma, per tornare a noi: il discorso dei cartoni credo valga un po’ per tutto. Tendiamo ad idealizzare certi ricordi del passato ma allo stesso tempo, oggi si ha sì, una maggiore coscienza e consapevolezza (ottimo) ma anche una mania del controllo e del passare al setaccio tutto in modo ossessivo. Forse è proprio qui il successo di un prodotto come le galatine: non è legato ad un particolare trend del momento, quel tondino dalla forma rassicurante e dal gusto primordiale. Quindi galatine per tutti, a profusione. Ma ammetto che io di nascosto, pure un bel biancorì me lo farei fuori.
Voi avevate uno snack del cuore che non ha retto al logorio del tempo e che rimpiangete?
14 Comments
abbiamo avuto un’infanzia caramellosa molto simile 😀
Le violette le avevo rimosse ma appena le hai nominate è riaffiorato vividissimo il sapore! 😀
E mmh le galatine 🙂
Come dimenticare quell’inconfondibile sapore “antico”? sono gusti completamente diversi, non so nemmeno spiegarlo, si sente che vengono da un altro tempo
Adoravo tutte le cose più schifide, zuccherose e che si attaccavano ai denti. Forse le mie preferite erano le lacrime d’amore e i confetti i di zucchero, ma anche le gomme frizz che pizzicavano la lingua. Ricordo le rosse Rossana rosseggiando qua e là ingolosiscono i golosi con la loro rossa golosità… Me le regalava mia nonna.., e i ciucci pieni di conservanti e coloranti? Le Galatine le mangiava qualche tempo fa anche mio figlio goloso come me, beh, da qualcuno avrà pur preso! Bellissimo post Sabina, a presto!
i ciucci *_* tipico dolciume da bancarella alla sagra di paese, ambita da tutti i pargoli che passavano. Più o meno come quelle specie di mono ruote col bastone ripieno di caramelle tonde colorate (o erano, peggio ancora gomme da masticare?!)… XD certo che, come dicevo su fb, se siamo sopravvissute a queste robe chimiche, non ci stronca nemmeno il peggior ristorante da incubo di Gordon Ramsey XD
E le Big Babol? Quando per fare la strafiga ne mettevi un pacchetto intero in bocca e cercavi di fare il pallone più grande di tutti? E poi il pallone scoppiava e tì impiastricciava la frangetta?
Che ricordi!!
Quando ero piccola le Galatine erano anche alla fragola, alla cioccolata e alla banana… Le più buone! 😛
noo alla cioccolata?? Come ho fatto a perdermele?!
Ossignur le violette! Che tuffo al cuore!!!! Ma vogliamo parlare del “rosolio” ora “trinchetto”? Acqua e zucchero, praticamente diabete da bere! E la fila dei ciucci lecca-lecca che si comprava all’Autogrill o alle giostre? Invece le nonne avevano cose più serie: rabarbaro a gogò la nonna materna, quelle con la carta bianca come nella foto le vendono ancora al mercato. Nonna parterna, invece, aveva “mentini” a profusione (zuccherini colorati), gelatine alla frutta (nascoste in un barattolo segreto, che noi sgamavamo sempre) e pastiglie alla menta benedette dei vari pellegrinaggi religiosi!!!E poi, le cicche della brooklin al limone, che mettevi in bocca ad arco imitando il gesto della pubblicità e big babol a manetta!!!!
ma ma….allora sto rabarbaro non era una prerogativa autolesionista solo della mia, di nonna!!! e io che ero convinta avesse l’esclusiva XD i trinchetti godono ancora di ottima salute (al contrario delle budella dopo l’assunzione) tanto che li hanno assaggiati, lo ammetto, anche i miei due monelli “grandi” 😛
E le sigarette a cicca (chewing-gum ) di Asterix? Parliamone!!!
ho avuto il flash 😀 certo che erano già mooolto avanti con il merchandising 30 anni fa!! °_°
Mia suocera fa ancora largo uso di caramelle al rabarbaro,,,,
>P da non crederci…
A me fanno schifo anche adesso che sono adulta…
Anche i nonni con le mentine erano molto diffusi.
Come pure le scatole “segrete” con le caramelle buone delle nonne!
dev’essere una cosa generazionale! Se non fosse che sto a 700 km avrei fotografato l’arsenale di mio nonno, una roba da paura! E’ talmente goloso di dolci che sembra un bambino di 3 anni, giuro °_° infatti si è procurato il diabete senile -.-”’
la mia di nonna aveva le ” giuggiole”….. caramelline balsamiche gommose alla menta…buonissime!
e l’altra il mitico RABARBARO che”mangiale pure che non fanno male! sono amare quini lo zucchero non c’è!!!!”
insomma, vedo che la mia nonnina era in ottima compagnia!!!