Da settimane leggo post di malcontento (a mio parere estremamente giustificati) di blogger e in generale di professionisti digital che lamentano un ennesimo cambio di passo dei due social network più popolari, Facebook e Instagram.
La lamentela: Facebook e Instagram continuano ad abbassare drasticamente la reach organica dei post per spingere in modo aggressivo a sponsorizzare per raggiungere quello che fino a poco fa si poteva ottenere senza mettere un cent.
E’ vero? E’ verissimo, l’ho constatato in prima persona: post con anche decine di commenti (che come fattore engagement contano più dei like) che fino al mese prima avrebbero raggiunto migliaia di bacheche, improvvisamente fanno un terzo dei risultati.
Inoltre la nuova funzione Branded Content abbassa ulteriormente i risultati, con il rischio di incrementare, anziché stroncare il tanto vituperato mercato delle compravendite di like e fan.
Inutile che poi escano proclami su trasparenza, pulizia di bot, o che chiudano Instagress e company fingendosi ipocritamente contro le automatizzazioni e le interazioni fasulle: crederò ai nobili scopi quando saranno seguiti da una politica coerente, cosa che Facebook e Instagram non stanno attuando affatto, anzi.
Che Facebook si stesse muovendo in modo poco piacevole verso gli utenti, lo dico da mesi.
Con la nuova linea escono indeboliti sostanzialmente i profili “piccoli” che non hanno budget stratosferici da investire sui social e puntano sulla qualità e l’essere genuini.
Allora cosa fare? Soluzioni?
Io vi dico qual è la mia: non ho la pretesa sia universalmente valida ma spero di dare uno spunto per prendere le contromisure senza cadere nello Scilla delle sponsorizzazioni a manetta e indiscriminate (personalmente io sponsorizzo solo i post che vanno già bene a livello organico, non tutti di default) o nel Cariddi del mercato nero dei social.
La mia risposta è puntare su quello che poi è la vera essenza dei social network: il valore delle persone, dei legami autentici. Rafforzate le collaborazioni e l’aiuto tra quelli che vi somigliano e che hanno gli stessi problemi, gli stessi gusti, vere affinità elettive insomma. Fate gruppo più che mai, letteralmente. Vi assicuro che non è retorica, da sempre è l’unione che fa la forza.
Non parlo delle interazioni artificiali tanto per, dello spam o del do-ut-des a cavolo.
Creare e far crescere una pagina oggi che l’algoritmo è così, è e sarà sempre più difficile, in termini di raggiungimento dei “grandi numeri”.
Personalmente trovo molto più efficace, invece, aprire un gruppo tematico forte. Mossa che è del tutto gratuita (per ora), per cui sfruttiamola, sfruttiamola e sfruttiamola. Io ho appena aperto (casualmente, poco prima del cambio di algoritmo, è stato del tutto fortuita come coincidenza), un gruppo su un argomento che mi sta a cuore e in pochissimi giorni si è radunato un interesse e un affetto che mi hanno davvero stupita e spinta ad interrogarmi sul suo successo. La risposta è stata la seguente:
Un gruppo non è autoreferenziale. Le pagine parlano di noi, è una comunicazione ancora di stampo verticale. Può essere adattissima a brand e istituzioni che mantengono un certo distacco con i propri interlocutori, ma per me è sempre meno la soluzione per singole persone. Molto meglio una comunicazione circolare, alla pari: uno scambio dove anche se io ho avuto l’idea e ho radunato le persone, ci metto il mio tempo e la mia passione nel gestirlo, chiunque può dire la sua e arricchirsi a vicenda.
La gente è stufa, arcistufa (e a ragione, lasciatemelo dire, anzi diciamolo tutti insieme) delle super star del web.
Io stessa rido dietro ai ragazzetti guru del marketing che si sentono i padroni del mondo e postano video mentre “lavorano” in spiaggia sorseggiando drink circondati da modelle in bikini. Anche basta. Questa non è e non sarà mai la realtà o lo stile di comunicazione di tutti noi che lavoriamo sul web. Tantomeno dell’utente medio che al massimo scorre Facebook e Instagram per rilassarsi dopo una lunga giornata di sbattimenti casa-lavoro-famiglia.
Invece la gente, sempre più sente la necessità (io in primis!) di legami veri, di aggregazione per passioni comuni, di ricevere informazioni utili, di crescere insieme in modo pulito e sì, anche umile. Io voglio costruire qui, in uno sperduto paesino brianzolo, non aspiro alla bella vita, né demonizzo quella degli altri. Solo voglio che sia riconosciuta la legittimità del mio essere piccola e andarmi bene così ma di non voler essere fatta fuori.
Facebook e Instagram un tempo erano luoghi di questo tipo, pian piano sono diventati preda di wannabe guru o maniaci dell’ego. Inutile, ripeto, ergersi a censori: rimbocchiamoci le maniche e facciamo il nostro.
Le soluzioni che vedo all’orizzonte sono sostanzialmente due:
- la prima è quella di tornare a quello spirito autentico delle origini (lo so, lo so, fa tanto riforma francescana, ma ci siamo capiti…).
- la seconda è la saturazione completa (secondo me ci stiamo avvicinando tristemente) di queste piattaforme ormai rovinate senza rimedio: la gente migrerà su Google Plus ( buahahah) oppure arriverà un nuovo Mark con un nuovo gioiellino che soppianterà i colossi dai piedi d’argilla.
Siccome per ora la seconda latita, io mi butto sulla prima: Facebook e Instagram restano al momento due strumenti insostituibili. L’aria si è fatta pesante, è vero. Ma sta anche a noi fare il nostro per renderli posti migliori.
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