Valle Maira “la valle più incontaminata d’Italia”: così la definiva la CNN nel 2019 -e non solo, la stampa pare unanime!- e dalle nostre impressioni non possiamo che confermare, un’atmosfera autentica, lontana dal turismo a catena di montaggio di altre zone di montagna, pur bellissime, del nostro Paese.

Da sempre un territorio rispettoso di sé stesso e delle proprie peculiarità, con un grande lavoro di tutela da parte dei propri consorzi ha saputo valorizzare anziché debellare gli apparenti punti deboli che avevano favorito lo spopolamento negli anni del boom economico nel dopoguerra (mancanza di un grande centro in favore di una pletora di piccole borgate alpine e centri modesti, una strada di accesso stretta e tortuosa che rende difficili i collegamenti con il fondovalle, pochi terreni pianeggianti da destinare all’agricoltura ecc.).
Oggi quella tutela è diventata un esempio di gestione green e slow, che ha mantenuto un’ospitalità priva di fronzoli ma calda e accogliente dai sapori antichi, insomma il luogo ideale per staccare completamente, immergendosi in suggestioni d’altri tempi.
Il nostro fine settimana breve è stato decisamente solo un assaggio che ci ha lasciati incantati e con la voglia di tornare, anche perché la formula Voucher Piemonte che abbiamo sfruttato, è davvero un’ottima opportunità per visitare questa regione che io amo molto e che ha mille volti.
Veniamo ad una breve introduzione del territorio: come Occitania italiana, la Valle Maira è vicinissima al confine con la Francia e non è difficile coglierne una certa eco. Dalla Brianza ci sono volute circa 3 ore di viaggio per approdare alla Locanda il Campo della Quercia, nostra “base”: siamo stati accolti, all’imbrunire da un cerbiatto e da una lepre che con totale nonchalance e zero paura dell’auto, hanno attraversato la strada soffermandosi anche a guardarci incuriositi.
Giunti alla locanda, insieme all’aria frizzante di inizio autunno, lo scampanellare del bestiame al pascolo e l’argentino gorgogliare dell’acqua montana, siamo stati accolti dal calore del sorriso della proprietaria che ci ha subito fatti accomodare nella nostra stanza per le due notti che avremmo trascorso lì.
Dopo un rapido check in ed esserci rifocillati, siamo subito andati in sala da pranzo per la cena: l’ambiente caldo e avvolgente e molto casalingo ci ha subito fatti sentire a nostro agio, così come le varie opzioni kids friendly dei menu. Abbiamo mangiato molto bene pietanze tipiche piemontesi con quel gusto rustico e genuino ma anche una notevole cura per la presentazione. Da menzionare i due set di antipasti (caldo e freddo) particolarmente interessanti.
La mattina dopo ci siamo diretti alla scoperta del territorio: il tempo non era moltissimo causa partita di calcio di Ale a cui assistere nel pomeriggio di domenica ma allo stesso tempo, la Valle Maira, con i suoi ritmi lenti, ti invita a rallentare con lei. E’ una zona che rispetta sé stessa e scoraggia assolutamente il mordi e fuggi: sono convita che una settimana nella valle sia quanto di più riposante si possa immaginare ma allo stesso tempo non si resta a corto di meraviglie da vedere e curiosità da scovare.
Dalla locanda partono due diversi sentieri ad anello: il primo dura poco più di un’ora, il secondo circa il doppio. Ho chiesto consiglio alla proprietaria e lei mi ha suggerito come bellezza paesaggistica il primo.
Ci siamo quindi incamminati, dopo un’abbondante colazione su un tagliere gigante (due parole per le marmellate e confetture fatte in casa che erano particolarmente deliziose!) sul sentiero che, superate delle baite abbandonate si inoltra subito nel folto del bosco. I bambini si sono molto divertiti con le diverse specie di piante: castagne, nocciole, felci e molto altro è finito nei loro riflettori incuriositi e incantati.

L’avvio della passeggiata è in leggera salita, dopo poco però si arriva in una piccola radura con capanni e una panca e tavolino per sedersi (e se è più tardi, anche per mangiare). Qui abbiamo scovato anche un bel fungo gigante!
Superata la radura, si inizia a scendere in modo molto dolce e piacevole, sempre ammirando a naso in su gli splendidi alberi che iniziavamo già a tingersi dei colori dell’autunno e a far cadere sul terreno i loro tesori. Una piccola cascatella si è fatta sentire col suo gorgoglio leggero: superata questa si torna dopo poco su strada sterrata che annuncia la prossimità del pascolo e della locanda.
Per pranzo abbiamo mangiato dei semplici (ma buonissimi!) panini della locanda e dopo un po’ di riposino, ci siamo diretti alla volta de “la porta della Valle Maira”, ossia Dronero. In effetti come primissima volta nella valle, non può mancare un giro in questo piccolo centro medievale che sorge alla confluenza tra il Torrente Maira con il Rio Roccabruna. Dronero è stata dominio dei Marchesi di Saluzzo, nel 1601 passa poi ai Savoia mentre a cavallo tra ‘700 e ‘800 fu persino ceduta alla Francia napoleonica. Tornata presto sotto l’egida sabauda, vi resta fino all’unità d’Italia. Forti sono ancora, infine, le tracce del primo novecento, essendo Giolitti originario della zona e particolarmente legato a Dronero. Il fascino del borgo è dovuto sia alla posizione geografica sui due corsi d’acqua, sovrastati dall’imponente “ponte del diavolo”, sia dalla grazia delle tracce lasciate dalla cultura e arte popolare autoctona come testimonia ad esempio il mulino ad acqua restaurato di recente e nuovamente operativo nella produzione di dolci tipici.
Tornati al nostro rifugio, abbiamo salutato i cagnoloni custodi del pascolo e particolarmente amichevoli coi piccoli di famiglia e ci siamo diretti a cena, per concludere la bellissima giornata.
La mattina dopo, causa il tempo molto limitato abbiamo a malincuore dovuto rinunciare ad una meta che mi incuriosiva molto, Elva, 1637 m di altitudine di borgo in posizione particolarmente panoramica ma di difficile accesso (una leggenda narra che fu costruita da quattro briganti in fuga, alla ricerca di un posto defilato e raggiungibile a fatica, appunto!). Oltre che per la sua bellezza naturalistica, Elva offre il particolarissimo spunto storico dato dal Museo di Pels, ossia del mestiere scomparso dei pelassier, o commercianti di capelli per le parrucche settecentesche e oltre, fino alla metà del secolo scorso.
Non ci hanno delusi però le belle cappelle e abbazie del territorio di Macri: abbiamo ammirato in mezza giornata infatti San Salvatore e San Sebastiano a pochi chilometri tra loro ma esiste un vero e proprio “sentiero dei pittori itineranti” e nella già citata Elva c’è la splendida S. Maria Assunta così come imperdibile è anche San Peyre a Stroppo, dove, a testimonianza della forte impronta della cultura popolare, è raffigurato sulle pareti affrescate di una scena biblica, anche un pastore con la cornamusa tipica delle valli cuneesi.
Insomma: che siate amanti della natura (ad esempio sapevate che in Valle Maira ci sono le famosissime cascate di Stroppia, le più alte d’Italia?) o delle tradizioni popolari, qui è molto facile coniugate questi due elementi, in una sintesi veramente straordinaria, condita da una ruvida e ritrosa bellezza che vi ruberà il cuore e vi farà venire voglia di tornare ad ammirarla.
No Comment