Le mamme sono malate. Beh, ora…non solo noi mamme. Diciamo che a noi, questa sindrome brutta-brutta ci prende in forma pesante rispetto al resto dell’universo mondo.
Ho scelto l’immagine di un faro nell’oceano perché trovo descriva in modo magistrale la condizione di chi si trova colpita dalla nostra sindrome (e in una certa, misura, in generale l’essere madre: non a caso viene utilizzato in uno dei libri più belli che abbia letto sul tema maternità negli ultimi anni, la luce sugli oceani): si sente una sorta di depositaria dell’unica luce in grado di illuminare le altre madri, naviganti perse senza il loro prezioso soccorso.
Credo sia un effetto collaterale indesiderato dei nove mesi di bombardamenti ormonali a cui siamo soggette e che purtroppo spesso, è più permanente delle vene varicose, della cellulite o delle smagliature. Peccato che per questi problemucci ci siano forum tematici, tavole rotonde e scioperi della fame, mentre nemmeno ci accorgiamo della sindrome infingarda. Ma niente paura: siamo qui per smascherarla (e curarla, si spera, scherzandoci su e intanto facendo terapia di gruppo 😛 ).
CominZiamo dal principio: Cos’è sta roba? Sindrome di che?
Allora: questa sindrome sconosciuta, quanto diffusa, consiste in questo: l’auto convinzione di essere le uniche ad aver passato/sentito determinate situazioni.
Per intenderci, la versione mammesca di sta cosa qui:
Probabilmente si tramanda anche di madre in figlia, tipo corredo nuziale ricamato amorevolmente. Uno di quelli che in inglese chiamerebbero “emotional baggage”, nodi emotivi irrisolti e perpetrati di generazione in generazione.
Non arriva di colpo nella fase di impianto dell’embrione, intendiamoci. Già da teen ager, quando ascoltavamo le lagne di Masini o Back for Good dei Take That, ci prendeva quell’irrefrenabile smania in cui ti sembra di farti carico invisibile ma bello potente, di tutti i dolori universali. E anche voi, donne senza nani urlanti al seguito, non negate: è uno degli inequivocabili segnali del ciclo che si avvicina ogni mese.
Adesso non venitemi a dire “ah io nooo, non terrorizzerei mai una povera gestante primipara con il racconto splatter del parto di mia cugggina”. Ok, intendiamoci: non è che l’abbiamo tutte con la stessa gradazione: c’è quella che ha un master triplo e la debuttante. Ma chi più, chi meno, tutte abbiamo fatto le splendide con quelle più indietro. Pare che solo noi abbiamo fatto la ti-enne, la “morfo” o una passeggiata in ps e dalla gine. Che solo noi abbiamo avuto nausee da ricovero per disidratazione. Peggio ancora quando i pupi sono nati: la mitica figuraccia di Chiara Machedavvero in vacanza in Sardegna che elargiva consigli inconsapevolmente alla trismamma rimarrà negli annali del mommy blogging, ma scagli il primo pannolino chi non ci è andata molto vicino.
Questo post lo dedico con affetto e riprovazione proprio a te, cara mammina ventenne che nel vedermi con Lorenzo di pochi giorni in braccio per strada, ti sei fermata per dirmi languidamente: “non cullarlo così tanto, che poi è finita”.
Ma anche a te, “pancina” di primo pelo al quarto mese che ti gonfi le penne del petto: “ahhh IO non ho ancora preso un chilo, anzi li ho pure persi”. A noi mamme della categoria senior che al sentirvi, tratteniamo a stento quel “se-se, aspetta e spera il nono mese” e quando siamo brave ci esce un sorrisetto tra il bonario e il sussiego.
Siamo donne…e se è vero che normalmente tendiamo a spenderci per gli altri nella sindrome opposta (quella della crocerossina), quando raggiungiamo lo status di Grande Madre, evidentemente questo meccanismo si inceppa un po’, e ci sentiamo l’ombelico del mondo, letteralmente. Una vita che cresce dentro di noi è senz’altro un miracolo, ma dobbiamo fare i conti con uno strisciante delirio di onnipotenza. Con la sensazione inebriante (nel vero senso della parola), di essere uniche e straordinarie, magari fomentata pure dal marito che prenota il solitario perché gli abbiamo sfornato l’erede. Va bene l’autostima, ma anche non perdere di vista che ok, il nostro bambino è vivacissimo, ma là fuori ce ne sono a manciate, di mamme, che lottano per infilargli il body pulito e ogni volta pare più un incontro di lotta libera contro un verme sguisciante. Che non siamo solo noi ad aver pianto per le ragadi. Sì, anche la compagna di stanza in ospedale che sembrava andarle tutto alla grande, ha avuto la sua crisi, magari a casa, quando nessuno la vedeva. Forse è questo che un po’ frega la nostra tanto sbandierata e inseguita solidarietà femminile che non c’è mai veramente. Questo ritenersi le sole depositarie delle emozioni, negative o positive che siano. Un po’ come quando ci scateniamo in quella comica gara a chi ha il figlio con più malanni o quello più precoce. Sono le due facce di una stessa medaglia: una competizione a chi sta peggio o a chi sta meglio, cambia niente.
Poi non facciamo tante ironie con i maschi che si confrontano negli spogliatoi col righello, che qui non siamo messe tanto meglio, ragazze.
7 Comments
Uh, quanto hai ragione! Io sono stata ossessionata dal racconto di mia madre sul SUO parto, cioè la mia nascita. Ne sono uscita terrorizzata, dico davvero. Guardavo le donne incinte e mi dicevo “Ma che, son sceme queste, che ridono sapendo quello che le aspetta?” e aspettandomi TRAGEDIE inenarrabili, quando ho partorito ho visto mia madre che ridacchiava “Allora, ne farai un altro?”, che di solito si dice ma col caxxo! E invece, proprio grazie al suo racconto ho detto “Se mi fai prendere fiato, ce la faccio”. Con mia figlia mi sono ben guardata dal raccontarle l’episodio della nonna, figurarsi. Anzi, l’ho molto rassicurata. Solo dopo il secondo parto l’episodio è tornato alla ribalta e ci siamo fatte du’ risate. Ovvio che mia figlia ha commentato “Beh, cavolo, però che faceva così male potevi pure dirlo!”. Accontentare tutte… tsk.
ahahahah grande! quella del che si ridono mi ha fatto morire XD comunque non ha proprio senso, perché ogni parto è diverso, persino sulla stessa donna, figuriamoci! Anche se è vero che una certa “tendenza” a livello genetico, pare ci sia, ma non è detto che poi si concretizzi 😉
Le “saccenterie” sono ovunque, non ci curiam di loro ma tappiamo le orecchie e fingiamo approvazione Tanto a loro del parere di chi le ascolta non importa un bel niente
Io ormai ci rido su e al massimo dedico post semi seri
Leggere questo post stamattina mi fa sentire un po’ meno sola nel “mondo delle mamme-a-confronto” … Ci pensavo proprio ieri sera: a volte, forse, dovremmo spalleggiarci un po’ di più e un po’ più onestamente anziché sentirci sempre in dovere di sembrare “di più” o “di meno”!
guarda Chiara, proprio stamattina leggevo il solito post in cui le mamme lavoratrici commentano un post con frasi del tipo “se penso alle casalinghe che pare si stanchino per una messa in piega” e mi sono detta che è inutile, non ne veniamo mai fuori. Ci facciamo la guerra tra povere a chi sta peggio e intanto la situazione è sempre più cupa, che si sia a casa o che si lavori fuori…ci mettiamo fuori gioco da sole perché non siamo capaci di accettare che ognuna di noi ha le sue fatiche, anche nascoste. Che tristezza, veramente 🙁
L’ultima che mi hanno detto: “E’ inutile che tratti i tuoi figli come se fossero capaci di scegliere…sono ancora piccoli, te lo dico io che ne ho due più grandi dei tuoi e che se li lascio liberi fanno solo danni!”. Ma anche “Se li fai assistere alla nascita del fratello/sorella possono rimane scioccàti e non te lo perdoneranno mai!”. Per la serie: positività portami via… 😉