Stamattina, tra le altre belle cose, mi sono svegliata con storie come quella di bambini trascinati via da coccodrilli a Disneyland (perdonatemi ma a me la scena di IT ha lasciato il nervo scoperto) e quella della pubblicità diseducativa con madri bambine e razziste (?!) di Versace.
Adesso: io non amo in generale ste immagini idilliache di madri irrealistiche (che siano bambine, che siano delle perfette casalinghe che sfaccendano fischiettando che manco Cenerentola ecc. ecc.), ricordo ancora con un certo grado di irritazione quella delle Panatine “5 minuti solo 5 e vedraiii delle panatine ti innamorerai”.
Sta tizia che non si capiva bene se era la segretaria del papà (madre segreta del piccolo) o la figlia grande orfana di madre che cucina per tutta la famiglia, persino il ragazzino pare poco convinto, tanto da appellarla “mà, tra quanto è pronto?” laddove il mà non è proprio chiarissimo se sia un nomignolo per la parola più dolce del mondo o un’avversativa tanto per.
Insomma, dai siamo sopravvissuti tutti a Giovanna della Saratoga e a “io voglio farla da Paolo” e mi devo sentire ste assurdità? Spero sia un modo per gli americani di distrarsi dalle elezioni.
Intanto vi invito a farvi la mia maratona con le pubblicità italiane più assurde di sempre, vale sempre la pena di ricordarci quali eccelse vette abbiano toccato i nostri esperti di comunicazione pur di restare impressi nella memoria storica, nel bene e (più spesso) nel male.
In tutto questo però voglio dire: siamo arrivati a fare del “razzismo” al contrario e a vedere il marcio e scatenare putiferi veramente per idiozie, lasciatemelo dire. A me la campagna non dispiace per niente: sicuramente meno peggio che vedere le solite facce emaciate e imbronciate con la bocca a culo di gallina.
Che si accusi la pubblicità di essere avulsa dalla realtà poi, lo trovo francamente ridicolo: la pubblicità, come la moda, sono per loro stessa natura “altro”, dalla realtà. Non hanno mai avuto pretese democratiche, facciamocene una ragione.
Anzi, più sono eccentrici e più funzionano, come mondi. Il problema è un altro: è attribuire loro un peso eccessivo, come se avessero il potere di formare delle coscienze senza che si possa farci niente.
Oltretutto questa campagna si rivolge ad un target specifico: quello delle mamme fashion blogger o comunque alle (numerose, non come qui) mamme americane giovani e discretamente fighette e danarose. Una nicchia ben precisa e posizionata. Poi si può criticare a livello “etico”, ma dire che è disancorata dalla realtà significa avere un metro di giudizio facilone e approssimativo.
Per tornare al discorso del peso eccessivo che attribuiamo ai media, manco fossero dei novelli pifferai magici: se io a 13 anni guardavo uno spot con una modella che aveva un bambino, non sentivo come automatismo, l’irresistibile tentazione di essere una fichissima teen mom. Se dovesse essere così per qualcuna, beh, lasciatemi dire che ha dei vuoti così grandi altrove e indagherei prima su quelli, poi sulla pubblicità che evidentemente li ha solo colmati “abusivamente”.
Quando noi genitori attribuiamo una responsabilità eccessiva ai media è sempre per trovare un capro espiatorio. La vera domanda che dovremmo porci come collettività è: “sappiamo creare, in generale, dei modelli positivi in cui i ragazzi possano riconoscersi?”. E con questo intendo anche solo essere persone serene ed equilibrate, noi genitori, non dico chissà cosa.
Che i media abbiano la grave responsabilità di creare un immaginario collettivo è verissimo. Ma è altrettanto vero che un ragazzino “sano”, di fronte a provocazioni eccessive, farà spallucce, anzi probabilmente ci riderà su insieme ai fratelli/amici/genitori come ho fatto io con quella delle Panatine.
In questo caso poi, leggendo i commenti mi pare che davvero si cerchi il marcio dove non c’è o si voglia creare un caso da elementi minimi: passare al fil di spada così la realtà che ci circonda è la spia di un grave malessere di vivere, altro che mamme teenager.
No Comment