Quando penso alla differenza più grande tra essere mamma ed essere figlia, credo sia tutto riassunto in questa immagine: una mamma sente, una figlia chiede.
Fin dai nove mesi in cui una mamma ancora non vede con gli occhi la vita che porta in grembo, sviluppa con forza mai sperimentata prima l’ascolto. Percepisce ogni movimento, ogni cambiamento e sente fisicamente calcetti, voglie, nausee e tutti i cambiamenti corporei della gravidanza. Si accompagna a questo sentire, l’avvertire nel profondo sensazioni che non poteva nemmeno immaginare.
Una mamma “sente” subito, spesso: sente se è maschio o femmina, sente se tutto procede per il verso giusto o se invece c’è qualcosa che non va, molto spesso ben prima di un ginecologo o di un ecografo di ultima generazione.
Perché anche mentre la mamma passeggia, mentre lavora, mentre sogna, la sensazione indefinibile di non essere sola l’accompagna sottilmente. Non è qualcosa di violento e invasivo: spesso occorre drizzare le antenne e abbandonarsi al proprio io più profondo per dargli forma e consistenza.
A volte le preoccupazioni, le ansie o i desideri e le proiezioni mentali possono offuscare quello che la mamma sente: ecco che allora si prendono cantonate e si prepara il corredino del colore sbagliato. Più forte è la fusione con la piccola vita e lo stato di benessere generale della mamma, più invece tutto si sente in modo più nitido, proprio come un auricolare posizionato bene, senza interferenze.
E incredibilmente, fin da allora i nostri bambini ci parlano. Ci fanno sapere che ci sono e che ci cambieranno tutto, ci daranno indizi e faranno scherzetti. A volte ci imporranno la loro personalità e le loro scelte che non coincideranno con le nostre (Lorenzo non ne voleva sapere delle mie idee fricchettone sul parto, lui aveva deciso di restarsene comodo comodo in poltrona coi popcorn e a niente sono valsi i miei disparati tentativi di convincerlo a smuoversi!).
Ci comunicano le loro esigenze e preferenze fin da subito, per abituarci a spostare il nostro baricentro fuori dal nostro ego adolescenziale di giovani donne, per ritararlo su di loro.
Mentre aspettavo i miei figli ho imparato con una certa dose di sgomento che la pelle di una mamma sente su di sé ogni cattiva notizia del mondo come una minaccia al futuro: quel futuro che non è più solo suo. Non potevo tollerare che qualcosa turbasse la quiete di un’innocenza cullata al sicuro ma che sapevo di dover donare presto a quel mondo in tumulto.
E ho ripercorso a ritroso ogni volta che la mia mamma ha dovuto mettere da parte un pezzo di sé per fare spazio alla donna che c’è oggi nello specchio. E’ il momento della consapevolezza, della riconoscenza. E da figlia curata, ci si proietta di colpo in figlia che un giorno curerà a sua volta in cambio.
E se la bellezza di una mamma, agli occhi dei figli sfuma ma non sfiorisce (quanta verità nelle semplici battute di un famoso film che tanti bimbi hanno amato: “le mamme non diventano mai brutte”), è pur vero che le forze, spese per la famiglia, pian piano vengono meno.
….appunto
La mia mamma è ancora giovane e “in gamba” (avere dei nonni sportivi per i miei figli è una grande fortuna di cui non ringrazio mai abbastanza), ma so già che presto o tardi sarà mio il turno nel rivolgerle bonari rimproveri e sollecitarla perché si occupi di sé. Lei non avverte la necessità: quel baricentro si è spostato troppo verso di noi ed è nostro compito ricordare alle nostre mamme di non trascurarsi.
Perché una mamma che non sente è una mamma senza ali per abbracciare chi ama.
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