O anche: un buon contatto nuovo val bene mille squali
Qualche giorno fa mi sono imbattuta in uno status su LinkedIn, della Ceo ETAss Laura Colombo che penso di poter tranquillamente affermare sia uno dei miei mantra personali:
Io dalla vita ho ricevuto tanto, molto di più di quanto potessi augurarmi. Molto spesso i doni mi sono arrivati da persone a cui non avevo dato nulla, in modo del tutto inatteso. Ma questo è il bello della vita, nulla è dovuto, ma il “buono” arriva, e ci sorprende
Più volte, anche nel nostro studio in questi tre mesi a Piano C, è emerso questo concetto chiave, che a molti fa paura ma è un pilastro del futuro e forse, una generazione annoiata e viziata come la nostra, fatica ad accettare.
Essere capaci di non chiudersi a riccio a quello che la vita ha in serbo, ma anzi andargli incontro senza nemmeno sapere bene di cosa si tratti.
Quando penso a quest’attitudine, mi balza alla memoria un’immagine: me stessa ormai dieci anni fa, mentre contemplo Parigi per la prima volta una domenica mattina, appena sbucata dalla metro. Nell’affacciarmi mi investe una luce meravigliosa nonostante la pioggerellina tenue, che pare un velo intessuto di perle sul quartiere Saint Germain, avvolto nella quiete sonnacchiosa del giorno off duty della settimana. Quello stropicciamento che hanno le metropoli sempre sveglie, sorprese in uno dei loro rari attimi di sonnolenza, mi ha toccata e si è inciso indelebilmente nella mia memoria. In quegli attimi, le nostre frenetiche capitali mostrano un po’ il fianco ai turisti: svelano il loro volto umano, come una donna senza trucco, dopo una notte scintillante. Un aspetto più antico, con qualche ruga, ma di uno splendore che lascia senza fiato, tanto è lontano dall’immaginazione convenzionale che ti sei fatta.
Quel giorno ho capito quanto le aspettative precostituite siano una zavorra fuorviante e quanto sia liberatorio lasciarsi stupire.
E’ una lezione importante, direi cruciale per la crescita personale, ma anche professionale. Siamo stati tutti feriti, chi più, chi meno, da persone e situazioni: i famosi tre giorni di abbrutimento di cui ci parlava Giulia sono un diritto inalienabile che dovrebbe diventare costituzionale.
Dopo di che, superata la naturale fase di elaborazione del “lutto”, trovo sia però importantissimo tornare a vivere, senza cristallizzarsi nei momenti negativi.
Non voglio parlare per me, ma ho visto esempi eccezionali su questo fronte: amiche che hanno perso in pochi mesi i propri cari in modo drammatico e rialzarsi, con i propri tempi, rendendosi protagoniste di resurrezioni che si stentano a credere. L’inaspettato, per loro, è stato quanto di peggiore potesse esistere, eppure oggi attraversano la vita con una forza e una delicatezza insieme, che è un vero super potere.
Sapersi prendere dei rischi è la dote innata, lo slancio tipico della gioventù: non permettiamo alla crisi -individuale o generale che sia-, o tantomeno alle scuse con noi stessi, alla pigrizia, di derubarcene. E’ una mancanza grave che atrofizza qualsiasi campo della nostra esistenza.
Questo stesso inaspettato però, non sempre ha un pugno così duro: si tende a pensare in termini di peggiore possibile, soprattutto quando ci siamo scottati. Peccato che le corazze istintive che innalziamo dopo le batoste, servano più a fermare le risorse e le persone positive, che non ulteriori negatività.
Se invece provassimo a buttarci col sorriso, fiduciosi che “le cose belle arrivano”, proprio quando, come e da chi meno te lo aspetti, ma dopo che ci hai creduto, le hai attirate, le hai fatte tue per un attimo?
Non intendo operazioni kamikaze, il buon senso è alla base del vivere quotidiano: andare in una bidonville aspettandosi il Royal Palace Hotel non rientra esattamente nell’attitudine di cui parlo.
Quello di cui parlo invece, è la calma serafica del contadino, che magari un anno semina per cento e raccoglie per cinquanta. Razionalmente è un insuccesso, eppure lui non si arrende e continua il suo lavoro con il massimo impegno, ma consapevole che non tutto ricade sotto il suo controllo e la sua possibilità di determinare la riuscita o meno del risultato finale. E nonostante tutto, sa commuoversi ed essere grato quando trova, tra le sterpaglie, un fiore nato da solo.
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