Ho linkato nell’articolo i riferimenti precisi delle foto
Da giorni, oltre alle solite polemiche su vaccini e carni rosse, la mia feed vede il ripetersi di un’immagine molto particolare su un tema altrettanto particolare: i figli di latte La foto è sbiadita, di una donna che allatta con nonchalance una bambina, non sua. Ho letto con attenzione la riflessione che era allegata all'”originale” (è di Iacopo Melio) e una parte delle centinaia di commenti che ha suscitato. Mi sono persa qualche minuto di vita nel constatare quanti sentimenti contrastanti suscitava.
- C’erano quelli del “bei vecchi tempi della solidarietà, si stava meglio quando si stava peggio” (seguiti dai sarcastici “quando c’era Lui…” ).
- C’erano quelli dell’immedesimazione “generica” sull’allattamento: “io ho allattato 30 mesi” “io non sono riuscita ad allattare” (con annesso “la invidio” o “non giudicate”)
- C’erano quelli dell’ammirazione “che bella immagine” “che bello, un uomo sensibile sul tema”.
- C’erano quelli (e mi vergogno a dirlo, di donne a stragrande maggioranza) che deprecavano sconvolte l’allattare in giro o comunque il farlo così, senza le cose a modino. Le moderne “svergognate” non sono più le ruba mariti, ma le mamme che si azzardano a scoprire mezza tetta per sfamare un bambino. Uhm. Se c’è qualche cantautore all’ascolto: una versione aggiornata di “Bocca di Rosa” ci sta a pennello.
- C’erano quelli “progressisti” (un po’ il contraltare del punto 1) che sottolineavano quanto la donna sembrasse a 30 scarsi una sessantenne, che la vita era brutta e dura, che ci si ammalava di infezioni varie e questa pratica barbarica era solo un espediente contro l’alta mortalità infantile.
E poi una sorprendente serie di commenti di persone le cui mamme o nonne avevano avuto “a balia” tanti altri bambini. Storie commosse e intenerite di fratellanze tra figli di latte. Le ho ascoltate sfilare con genuino interesse e diletto, brandello di un’era cronologicamente così vicina da essere ricordata e raccontata nitidamente, eppure così lontana che appare un’eco, più sbiadita ancora della vecchia foto che la richiama. Questo abisso tra il tempo reale e il tempo avvertito mi ha provocato quasi una vertigine, come quando si è con un piede sul ciglio di un burrone. Non mi sento di dare “ragione” o “torto”: in fondo credo che tutte le istanze dei commenti siano a modo loro vere, ma parziali, e che aggrapparsi ad un pezzo del puzzle come fosse lo scenario completo sia molto ottuso.
Io nel guardare quella foto rivedo, sì un tempo difficile. Rivedo guerre, donne indurite dalla necessità di sfamare i figli, promiscuità eccessive che provocavano senz’altro epidemie (penso a quando ho visitato i sassi di Matera: a come il già angusto spazio domestico fosse condiviso con l’asino, con le galline letteralmente sotto il letto). Ma rivedo anche come quelle oggettive e innegabili brutture rendessero le persone meno chiuse e ripiegate su sé stesse e i propri problemi. Non c’era posto per gelosie morbose, quando tuo figlio rischiava di morire di fame e non esisteva il latte artificiale. Che non va demonizzato, ma che è innegabilmente frutto di un’epoca come la nostra che “sta meglio” apparentemente, ma non conosce la gioia di aiutare e meno ancora la capacità di lasciar andare istinti “naturali” come l’attaccamento esclusivo al proprio figlio, pur di fare il suo bene.
Pensate per un attimo a restare senza latte artificiale, mamme che (senza colpa, sia ben chiaro) non allattate o mamme che lo fate ma magari avete un problema per cui non potete (che so, siete sotto farmaci: a me è capitato). Sareste capaci di affidare serenamente il vostro bambino al seno di un’altra donna? Perché io ho letto frasi che, quelle sì, mi hanno fatto rabbrividire, in proposito. Decisamente più degli asini dentro casa.
E non c’è retorica, vi assicuro: è una domanda che prima di fare a voi, faccio a me stessa e non trovo la risposta che vorrei. Che mi guardo dentro e non mi piace quel che affiora. La verità è che forse ne sarei capace. Ma a denti stretti, in estrema istanza. Non certo con la naturalezza di allora da un lato, e la sensibilità di quella nonchalance dall’altro: noi ci vediamo solo sfrontatezza, in quella poppata “al volo”. Ben pochi intuiscono la delicatezza del non farlo in modo intimo, che poteva urtare il cuore di una mamma, già ferito dalla mancanza di latte. Che donna rozza eh? Che carni sfatte. Mica come le sensibilissime mamme di cagnolini nella borsetta o che che si sfondano di addominali il giorno dopo il parto per tornare come prima.
E’ vero: c’erano orrori che noi, generazione viziata dal benessere, non saremmo mai in grado di affrontare probabilmente. Abbiamo mani troppo delicate, allenate solo a pigiare i tasti del pc e il massimo della produzione cerebrale di una larga fetta dei nostri ragazzi sono le Riskia il Gusto. Poi ci sono ragazzi fantastici, ma lo sono per miracolo e loro particolare merito, di saper dribblare le insidie che noi adulti gli poniamo.
Ma è altrettanto vero che non sappiamo più nemmeno riconoscere la bellezza dietro a quel viso corrugato e a quelle braccia temprate dalle fatiche, avvezzi come siamo ad una bellezza artificiale e sfacciata. Questo sì, mi fa terribilmente paura. Di questo passo, ci uccideremo tra di noi in modi molto più sofisticati, se non ci diamo una svegliata. Forse vaccini o carni rosse, poco importa.
16 Comments
Ovazione!!!!
In questo post ti sei superata! Quanti pensieri mi suggerisce, quante riflessioni, quante emozioni. Grazie mille!
detto da te…! Grazie Silvana, sono felice di averti ispirata ^_^ se vuoi dire la tua, leggerò volentieri. Un bacio grande!!
bellissime riflessioni!!!!! ho postato la foto anche io e letto l’articolo …..
la foto suscita reazioni ed amozionidiverse ma da parte mia molto intense…….
secondo me i valori e i sentimenti hce avevano in quel tempo noi li stiamo perdendoandando dietro all’apparenza e all’apparire…
complimenti ancora
veronica
Grazie Veronica 🙂 per me condividere queste emozioni con voi che le potete condividere al 100% è prezioso, quindi grazie due volte.
Hai più impeto del solito, in questo post. Un impeto trascinante, vivido e necessario: non potrei essere più d’accordo con le tue parole. Devo però precisare una cosa: le balie, per la maggior parte dei casi, erano utilizzate dalle classi agiate. Quindi mi immagino, in verità, la nobildonna (che avrebbe potuto allattare) affidare le cure del figlio a un’altra madre. In questo non vedo molta poesia, né amore… o non nel senso profondo che forse oggi perdiamo in sciocchezze ma che, quantomeno, siamo disposti spesso a interrogare. Per non parlare dei metodi educativi di un tempo…
Maddalena non era mia intenzione fare un’apologia del sistema balie (peraltro criticato dagli intellettuali dell’epoca in modo anche molto aspro). Dico solo che trovo veramente urticante la smania moderna di vedere nel passato il Male assoluto (di solito per questioni molto prosaiche come le peggiori condizioni di vita) e pensare che eliminando una generica “fame nel mondo” tutto sarà a posto. Dico solo che ci vorrebbe uno spirito critico maggiore e più libertà (vera) di pensiero nel riconoscere quando forse, abbiamo anche da imparare da chi ci ha preceduto. Che a volte ci sentiamo strepitosamente bravi nel giudicare mentre non andiamo al di là del nostro naso e quello che sembra ovvio e scontato nasconde un messaggio sottile e nascosto che non siamo più in grado di codificare. Per il resto, ho parlato dei casi dei commenti, e lì non si parlava della situazione “alta” (le nobildonne) ma della solidarietà di paese, tra quelle donne che si vedevano strappare mariti e cari dalle guerre e supplivano come potevano in condizioni che spesso creavano i presupposti per quelli che noi ora stigmatizziamo come metodi educativi sbagliati (e lo sono, intendiamoci. Dico solo che la facciamo troppo “facile”, non riusciamo DAVVERO ad immedesimarci in una situazione di quel tipo). Grazie del tuo bel commento: sono contenta di avere un registro che cambia in base alla “necessità” del pezzo. Qui non ci stavano i miei toni consueti, che sono più lievi 😉
bellissimo questo post! Ti avrei voluto postare un post che lessi tempo fa di una mamma che si era ritrovata, oggi, ad allattare una figlia non sua in una situazione di emergenza. Ecco, in entrambi ho trovato la stessa delicatezza!
grazie lucia, posta!! Mi piacciono le storie di delicatezza *_*
Splendido, questo post!!!!
Condivido le tue riflessioni, che hai esternato benissimo.
E sì, io non ho remore a dire che lo avrei dato ad allattare ad un’altra donna, se non avessi avuto il latte artificiale.
Sono stata male per l’allattamento che non funzionava ma non perchè io lo considerassi così importante, non gli davo tutta questa importanza nel legame con mio figlio e quindi non mi sarebbe pesato in modo esagerato farlo fare ad un’altra donna. Avrei ringraziato lei come ho ringraziato mentalmente la Mellin per mesi. A pesarmi era il giudizio altrui ed il fatto che non mi dessero ascolto quando dicevo che c’era qualche cosa che non andava. Davvero, a volte, la gente ha troppo tempo libero e troppe poche preoccupazioni serie e quindi commenta commenta commenta…
grazie del bel commento articolato ^_^ tuo figlio è fortunato: ha una mamma equilibrata, ed è una virtù rara oggi 😉 il giudizio, purtroppo, è uno degli aspetti più duri della maternità, specialmente al primo figlio. Tutti si sentono in diritto e in dovere di dire “qualcosa”, peccato che nel 90% dei casi, il silenzio sarebbe d’oro…un bacio e grazie di essere passata!!
Bellissimo post e bellissimo sito!
Rispetto all’argomento, voglio portare una testimonianza personale.
Ho avuto la fortuna di passare molto tempo con i miei nonni, in età adulta abbastanza da comprenderne i racconti.
Quei legami grazie ai quali un’altra donna della famiglia poteva occuparsi dei figli di chi “non ce la faceva” per tanti motivi e non solo relativamente all’allattamento, io li ritrovo ancora in casa mia.
Ho zie che non lo sono biologicamente ma che sono tali per “appartenenza” e cugini che a voler ricostruire come ci si perde nei mille rivoli di storie pazzesche.
Erano altri tempi, altre tempre e soprattutto altre abitudini sentimentali.
Chissà se meglio o peggio.
anche io ho sentito tante storie di mia nonna quando ero già grandicella…per me sono una grande ricchezza! E trovo molto belle queste famiglie “allargate” di una volta. Avevano tante difficoltà ma ne uscivano più forti e uniti 🙂
Grazie mille di avermi regalato la tua esperienza!
Mia nonna ha allattato, contemporaneamente a mia mamma, un’altra bimba, lo raccontava sempre.
Non ricordo però quale fosse il motivo per cui faceva da balia e non posso più chiederglielo…
[…] E, infine, ma non perché poco importante, vorrei condividere con voi un post meraviglioso, dei tanti post che ho letto questo mese assurdo, un post che forse poteva essere affrontato da diverse angolazioni e magari per diversi scopi, io l’ho apprezzato perché scritto di getto e con passione e perché tratta un argomento che spesso teniamo a sottovalutare sino a che non ci troviamo a essere protagoniste magari di critiche o di raccomandazioni: l’allattamento by theswingingmom […]
[…] Figli di latte e figli di tutti. di Sabina Frauzel […]