Oggi volevo parlare ancora di pancioni e stile. Invece no, perdonatemi ma mi prudono le dita sulla tastiera. Ecco un altro valido motivo per cui non sarò mai una di quelle blogger super star con il calendario editoriale strafigo, io scrivo alla schizofrenica. Me ne farò una ragione.
Sono giorni che mi frulla in testa il post-reprimenda sul fare più di due figli di Bismama.
Dal commento che le ho lasciato si sarà già intuito che sono in disaccordo, ma da brava ruminatrice, ci ho riflettuto molto su in questi giorni. Nonostante la pensiamo in modo diametralmente opposto, la ringrazio, quindi, di avermi dato lo spunto per guardarmi dentro in modo più analitico. Sono questi, gli argomenti tipici che io “sento”, pur senza dargli una voce articolata. Una sorta di armonia di sottofondo, che accompagna la mia vita senza essere troppo invadenti.
All’inizio, son sincera, ho focalizzato unicamente su quanto fosse incoerente il ragionamento “mi hanno rotto le palle per quando facevo il secondo” e poi ha applicato ferocemente lo stesso “diritto” di intrusione tanto vituperato, nelle vite altrui, con estrema durezza. Insomma il bue che dice cornuto all’asino. Questo genere di atteggiamento mi urta in modo veramente insopportabile e quindi ha oscurato il resto, nella prima lettura. Il picco del discorso -attenzione, qui è da comiche- è Angelina Jolie, che al limite smentisce clamorosamente la teoria che lei vorrebbe avallasse (ossia, anche la gente coi miliardi, se non ha sale in zucca/equilibrio mentale finisce per fare grossi danni).
Poi però ho iniziato a “scartare” il post da un involucro così poco invitante. E ho scoperto il nocciolo del discorso.
Fare figli (più di due, il cliché convenzionalmente fissato dalla società attuale come “ideale”) è davvero un atto egoistico?
Bene, forse vi sorprenderà quello che sto per dire, ma sì, mi sono risposta che (in parte) lo è.
Ma è un egoismo diverso da quello che intendiamo comunemente, come qualcosa di negativo ed esecrabile.
E’ un egoismo “sano”, come l’invidia “buona”. Sono due tipi di sentimenti a mio parere MOLTO positivi, invece. L’invidia “buona” spinge a ricercare ciò che ci piace negli altri e buttarci a pedate fuori dalla comfort zone. E’ la competizione positiva: quella che non vuole privare l’altro del proprio bene, ma trovare il proprio, su ispirazione dell’altro. Avete presente Mila e Nami? In Giappone sono maestri nel descrivere questo slancio, specie associato all’agonismo sportivo. Ecco, senza esagerare che poi si arriva alle catene di Mimì Ayuara di cui parlavo altrove, sono convinta che sia uno stimolo per migliorarsi.
Lo stesso vale per l’egoismo, che alla blogger tanto ripugna ma che invece io chiamo col suo nome: salvaguardia della propria felicità. La felicità richiede una profonda conoscenza di sé stessi: dei propri limiti, delle proprie capacità, dei propri desideri. Fare un figlio perché lo desiderano il marito, il maggiore o perché ce lo dicono in coro “per non lasciar solo il primo” è quanto di più lontano esista dal renderci madri felici e appagate. Io sono per i tanti figli (ne ho tre…) ma NO, NON a prezzo dell’andare contro noi stesse. Se quello è lo scotto da pagare, molto meglio essere oneste con sé stesse, comprare un bel cagnolino al primogenito e chiuderla lì. Che poi, povero secondo figlio, fatto senza convinzione, mi viene anche da aggiungere. La profonda insoddisfazione che ho letto nelle parole di questa mamma, mi hanno colpita molto e credo che il motivo sia tutto lì. Ha fatto un secondo figlio per “accontentare” gli altri. Purtroppo è uno scenario che non funziona: andare contro i propri desideri più profondi è una direzione pericolosa. Per me, questa ne è la dimostrazione lampante.
Ci vuole ben poco coraggio ad essere egoisti per prendersi il tempo della palestra, ma ad averne per realizzare i propri sogni? E perché dovremmo tutti avere questo spirito da crociata malthusiana? Se io non ce l’ho devo sentirmi dare del mostro egoista? E poi, ancora, chi stabilisce dov’è il limite, ragionando così? Oggi possono criticare tre figli perché così vuole il politicamente corretto, domani ti crocifiggono in sala mensa se ti azzardi a farne anche solo uno. E’ un modo di vedere “debole” (tipico cioè del pensiero relativista) ma implacabile nelle condanne: “puoi pensarla come vuoi, basta che la pensi come me”.
Per me invece, l’egoismo “cattivo” è quello che somiglia all’avarizia, che si abbarbica alle proprie “cose”, che antepone sé stesso sempre e comunque, che disprezza gli altri e si mette su di un piedistallo. Un elemento, per come la vedo io, tipico degli animi poveri, piccoli (che hanno questa smania irrefrenabile di “innalzarsi”, invece, tipo “lei non sa chi sono io”). Trovo che invece la generosità, retaggio di un animo grande, esca ulteriormente nobilitata, se si versa, nella miscela, una goccina di egoismo. E’ un anticorpo che previene dal tracollo personale: come un pizzico di sale che rende più gustosa una torta, altrimenti troppo dolce, stucchevole. [Tweet “Ci hanno insegnato ad essere egoisti su cose sbagliate o comunque di secondaria importanza. Ma ad essere egoisti per la felicità, mica ce lo strombazza nessuno.”] Io invece, ho sempre detto che i dolci-troppo-dolci mi nauseano, quindi evidentemente è proprio un gusto mio, questa ricetta della felicità.
4 Comments
Ciao Sabina
sono contenta di averti ispirato una riflessione anche se poi ti fa arrivare a un traguardo diverso.
Vorrei solo mettere l’accento su una cosa: no, non ho fatto un secondo figlio per accontentare “gli altri”.
Ti è sfuggito il passaggio in cui dico che le richieste del mio primo figlio ci hanno (a me e a Lui) costretto a guardarci bene dentro e a far uscire fuori quel desiderio che era solo nascosto sotto la paura, ma che c’era ed era vivo.
Ora siamo felicissimi così ma sono consapevole dei limiti che la nostra famiglia ha (personali, economici, organizzativi etc…) e per questo so che, anche se mi piacerebbe, non potrei mai andare oltre il secondo figlio perché significherebbe due cose: 1. privare figli e famiglia di ciò che IO ritengo indispensabile per la loro crescita e di ciò che li farebbe vivere sereni (poter fare sport assecondando le proprie passioni, poter seguire dei corsi di una seconda lingua, avere il tempo e le risorse per curare la loro cultura – insegnandogli a leggere, comprando libri…etc – poter investire con tranquillità nel loro futuro) e 2. mettere a dura prova il nostro equilibrio psicologico e famigliare che ora è perfetto.
Ecco cosa intendo quando dico che se alcune famiglie fanno più figli sono egoiste. L’esempio di Angelina Jolie non va contro la mia tesi ma la conferma: lei può permettersi 6 figli perché ha le riscorse economiche e personali per stare loro dietro e non fargli mancare quello che sopra ti spiego essere per me l’indispensabile. Ma se non fosse lei, potrebbe permettersi di crescere BENE 6 figli? E crescere bene non significa solo amarli, quello lo dò per scontato. Purtroppo l’amore non sempre può sfamarli.
Se invece non si tiene conto dei propri limiti ma si fanno i figli solo per assecondare i propri desideri, penso si dimostri egoismo. Purtroppo il mio post non nasce dalla voglia di ripicca (tu giudichi me e io giudico te…) questa è solo la punta dell’iceberg, ma dopo aver visto bimbi a scuola dei miei figli (pubblica), piangere perché non potevano mai partecipare alle feste di compleanno, né alle gite (che fossero scampagnate o musei), né alle sfilate di carnevale, né a qualsiasi altra occasione in cui avrebbero potuto socializzare e imparare a stare insieme ad altri… erano completamente tagliati fuori da quella società che era la classe.
Bambini che non potevano permettersi il grembiule né la merenda a scuola.
Bambini figli di famiglie con 4 figli e con un altro in arrivo. E in tutta la scuola non è solo una famiglia eh, ci sono 7/8 esempi simili purtroppo. Tutti da genitori anche giovani.
Capisci cosa intendo? Chiamalo egoismo, incoscienza, ignoranza, ma a me fa incazzare perché chi ci va di mezzo sono quei bambini. Saranno amati per carità (anche se, se poi vai a guardarli ti viene da pensare il contrario, credimi) ma non sono sempre felici, non i più grandi almeno che si sentono sempre diversi. Ho insegnato ai miei figli a coinvolgerli, a invitarli a giocare con noi per la merenda, ma ci siamo accorti che è anche peggio perché vedono che i miei hanno un giocattolo e piangono. E anche quando hanno deciso di regalarglielo li hanno resi felici solo per un attimo… ma magari bastasse un regalo a cambiare la situazione.
Scusa il commento lungo, ma ci tenevo a chiarire, soprattutto la prima parte: no, non faccio figli perché “gli altri” me lo chiedono.
1) mi fa piacere che tu non lo abbia fatto solo per le richieste del maggiore. Forse tutto il tono del post non enfatizza abbastanza quel “siamo felicissimi”, anzi, onestamente non credo di esser l’unica ad aver colto tutt’altro.
2) continuo a pensare che ti arroghi il diritto di entrare nelle situazioni altrui a gamba tesa. Tu da esterna vedi solo un lato della questione e ti permetti di dare degli egoisti a quei genitori. A parte che francamente credo siano davvero casi molto rari, a fronte invece della crescita esponenziale dei figli unici (non lo dico io, ma le statistiche), quindi se c’è un’emergenza, è proprio nel segno opposto. Qui da me bambini che non possono permettersi il grembiule (!!) non ne ho mai visti. Se proprio ci sono famiglie con problemi economici la scuola mette a disposizione uno stand con grembiuli “usati” (per modo di dire, sono praticamente nuovi). Si possono prendere in modo libero, se si vuole lasciare un’offerta bene, altrimenti nemmeno è richiesta. Per quanto riguarda la socializzazione, beh, non è che esistono solo le festicciole. Ci sono mille occasioni “gratis” per frenquentare gli amici, senza dover per forza di cose partecipare a tutte. Già direi che con 3 fratelli si “socializza” non poco, il mio terzo è talmente sveglio che a 8 mesi fa cose da bambino di 12, avendo sotto gli occhi i due maggiori. E poi, anche qui, non credo sia questione di avere 3+ figli ma di decisioni familiari specifiche, condivisibili o meno, ma che ripeto, trovo veramente di cattivo gusto criticare dal di fuori. A te non sembrano bambini amati? Qualcuno potrebbe pensare altrettanto di un figlio unico. Solo che lì, essendo “in trend”, se lo si osa dire, giù critiche. Mentre per una famiglia dai 3 in su ogni minimo dettaglio è occasione di chiacchiericcio, solo perché non rispecchia gli standard familiari attuali. Continuo a pensare che quelli che citi siano, francamente, dei cliché, belli e buoni e che ognuno farebbe meglio a guardare casa propria, senza voler sindacare o meno su quanto siano amati i figli altrui o quanto siano buoni genitori gli altri. Non mi soffermo ulteriormente sul caso Jolie, basta leggere le dichiarazioni di chi li conosce personalmente, per sapere quanto la gestione familiare sia disastrosa.
Mi presento: neo primipara attempata, mamma da due mesi e mezzo e prossima ai 41 anni. Avendo incontrato mio marito a 23 anni, mi sono sorbita per anni esortazioni più o meno velate alla procreazione. Dopo circa un decennio, sono state sostituite da sguardi compassionevoli convinti che non potessimo avere figli. La verità è che eravamo troppo impegnati su altri fronti. Se questo sia egoismo non lo so. Questa piccolina è stata fortemente desiderata, ed accolta come un dono inatteso. Non avrei fatto ricorso a tecniche di riproduzione assistita, non perché le biasimi, ma perché sono fatalista, e consapevole di aver fatto, in passato, scelte incompatibili con la maternità a tutti i costi. Non volevo soccombere alla sindrome del Trivial Pursuit. Che cosa c’entra questo col dibattito sul numero di figli? Anche sul fare o meno bambini ferve la discussione. Il mondo è sovrappopolato, i pannolini inquinano, piuttosto adottare, contro i figli nostri lavoreranno per pagare la pensione tua, etc.
Forse ci dimentichiamo che far figli, oggi più che mai, è il risultato di un atto d’amore e, per fortuna, l’amore resta insondabile. Per alcuni trova la massima espressione in coppia, per altri con uno o più bambini. Conosco qualcuno che ha due figli e mi confida che, se avesse qualche soldo in più il terzo perché no, e qualcuno con tre o persino quattro figli felici e contenti senza esser nababbi.
Per quanto mi concerne, la mia veneranda età mi mette al riparo da qualsiasi esortazione a procreare ulteriormente e al di fuori di questo dibattito.
Anche se sono atea non pongo limiti alla provvidenza, se, contro ogni probabilità arriverà una sorellina o fratellino, bene, e altrimenti bene uguale. Giocherà con i figli dei vicini giovani e pluripari!
Claudia posso dirti solo che condivido pienamente il tuo atteggiamento e la tua considerazione. I figli sono (o dovrebbero essere…) il risultato dell’amore. Quindi che senso ha stare a questionare sui tempi, sui numeri? E’ proprio da menti piccine, per come la vedo io. E ripeto, trovo alla stessa stregua chi sta lì a tormentare con le frecciatine sul fare figli, che chi invece tormenta per trovarti un hobby e smettere di metterne al mondo. Cambia solo l’oggetto, ma è la stessa, triste mentalità. Ti auguro di essere una mamma felice di un bimbo (o bimba?) felice, stop. Se avrà un compagno, sarà bellissimo, ma altrimenti come dici bene, non vuol dire che debba vivere da eremita. Grazie di essere passata, aver letto e aver lasciato un segno!