Se mi seguite, sapete che raramente commento fatti di cronaca e probabilmente anche questa volta avrei al massimo scritto due righe indignate su facebook. La cosa che mi ha davvero colpita è la concomitanza di queste due notizie. Sembrano davvero un inquietante monito l’una per l’altra.
A Catania gli ospedali si sono letteralmente palleggiati la vita che si spegneva di una creatura appena affacciata al mondo, hanno messo in atto un macabro rimpiattino in cui gli unici a perdere sono stati i genitori. Com’è possibile che in una città come Catania, nemmeno una zona sperduta di campagna, si arrivi a non avere un letto per una neonata grave?! Da mamma non riesco nemmeno a pensare all’angoscia crescente ad ogni rifiuto, quando in ballo c’era l’esistenza della propria figlia. L’epilogo è stato purtroppo tragico.
Per contro, dopo pochi minuti leggo la seconda notizia: è impossibile non pensare a quale abisso intercorra tra le due. Un abisso creato non solo dalla condizione economica evidentemente molto diversa ma anche e soprattutto da una sensibilità e un investimento in settori di eccellenza scientifica e di ricerca, volti a migliorare la qualità della vita (o ad essere salva vita come in questo caso). Lungi da me generalizzare sul discorso geografico (anche se ammetto che la tentazione ti viene, quando queste situazioni si verificano abbastanza regolarmente): sicuramente anche al sud ci sono eccellenze, il problema è la gestione burocratica, risorse che ci sono ma vengono impiegate male. Spero solo che questo accostamento dell’orrore possa servire a far riflettere, anche solo una persona. Non sono un medico e probabilmente non ho il “callo” al dolore che forse è triste compagno di un lavoro così in prima linea, ma credo che chiunque, se pensa a quella bambina che è morta per un’inefficienza da terzo mondo, rabbrividisca e pensi “e se fossi stata io quella mamma disperata e lei mia figlia?” Peggio ancora, se il futuro ci riserva un’involuzione così drammatica dei servizi di prima necessità e capitasse a mia figlia di essere nei panni della madre? Non sono una che si accanisce: a volte è vero che semplicemente “non c’era niente da fare”, le disgrazie tipo il caso della Galanti e della SIDS, ci ricordano che di fronte a casi del genere non c’è tecnologia o scienza che tengano, siamo impotenti. Ma la piccola Nicole, no, non doveva morire così, ed è una vergogna per tutti noi italiani e la nostra crescente inciviltà e noncuranza -quando non talora sprezzo- per la vita.
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