Noi donne moderne, col nostro mito e culto della libertà, nel fare figli diventiamo delle prigioniere “dorate” volontarie di questi esserini tirannici, altro che operaio e padrone.
Noi donne moderne, da ragazzine avevamo il culto della privacy: diventando mamma, a stento ci va di lusso se stiamo tranquille in solitaria due minuti in bagno.
Noi donne moderne viaggiavamo da qui a Timbuctu da un giorno all’altro con lo zaino in spalla e basta. Da mamme arranchiamo affannosamente dietro ad un ingombrante trio o elefantiaci seggioloni e ovetti.
Noi donne moderne non permettiamo a nessun uomo di strapazzarci, e questi tremendi ci pigliano allegramente a calci nella pancia, ci tirano i capelli mentre vengono allattati e ci usano impunemente come anti stress.
Noi donne moderne siamo convinte ecologiste: fare figli viene considerato dalla gente a la page quanto di più “inquinante” e financo “irresponsabile” si possa concepire.
Noi donne moderne siamo sofisticate, cittadine: eccoci in sala parto ad appenderci alle liane e a dondolare sui palloni, a tornare esseri primordiali in sala parto o a cambiare bombe nucleari senza batter ciglio.
Noi donne moderne siamo state educate all’autosufficienza, allora perché ci sentiamo appese ad un loro sorriso?
Noi donne moderne siamo abituate ad essere spensierate, e di colpo, al primo malanno del piccolo, ci sentiamo morire.
Noi donne moderne siamo convinte che anteporre noi stesse a tutto il resto sia cosa raccomandabile, un segno di autostima e carattere. Prenderci cura di un neonato sgretola qualsiasi forma di egocentrismo.
Insomma, diciamola tutta, procreare è da biechi reazionari, roba da medioevo. Perché mai ci ostiniamo a farne, a desiderarne, ad essere persino “stupidamente” felici di averli, noi gente emancipata da questi retaggi oscurantisti?
Mi viene da rispondere con uno dei dialoghi più belli della storia del cinema “romantico”, il botta e risposta tra Holly Golightly e Paul nella scena finale di “Colazione da Tiffany”:
Holly: “Nessuno appartiene a un altro, non permetterò a nessuno di mettermi in gabbia”
Paul: “Non voglio metterti in gabbia, io voglio amarti.”
Holly: “È la stessa cosa.”
E poi la replica magistrale di Paul:
“Vuoi sapere qual è la verità sul tuo conto? Sei una fifona, non hai un briciolo di coraggio, neanche quello semplice e istintivo di riconoscere che a questo mondo ci si innamora, che si deve appartenere a qualcuno, perché questa è la sola maniera di poter essere felici. Tu ti consideri uno spirito libero, un essere selvaggio e temi che qualcuno voglia rinchiuderti in una gabbia. E sai che ti dico? Che la gabbia te la sei già costruita con le tue mani ed è una gabbia dalla quale non uscirai, in qualunque parte del mondo tu cerchi di fuggire, perché non importa dove tu corra, finirai sempre per imbatterti in te stessa.”
Ecco, la verità è che a volte siamo fifoni. Evitiamo di proposito una situazione “faticosa” per il nostro ego, come mettere al mondo e amare visceralmente qualcun altro che non siamo noi stesse. Ci sono donne che nascono con un forte istinto materno, con il desiderio puro e nobile di accudire questi meravigliosi quanto terribili esserini indifesi ed esigenti. Io no, sono diventata mamma a piccoli passetti, mi sono liberata a fatica di quel senso di inadeguatezza, dell’essere impacciata: un elefante in una cristalleria mentre maneggia un batuffolo appena nato. Non è stato un “clic” istantaneo, ma uno stupore crescente, come quando si contempla il sole che sorge pian piano all’alba. Ma che poi non guarda più il cielo allo stesso modo, quando è pieno giorno.
4 Comments
La contraddizione è la meraviglia di essere donna!
quanto è vero!!
Tutto vero. Sono diventata dirigente a 32. Ho viaggiato per il mondo da Bogotà a Jakarta in business class e hotel 5 stelle. A 37 mi sono resa conto di aver trascorso in viaggio il compleanno di mamma, papà, marito, e il mio. Di aver perso divisa gli amici, la maggior parte con figli, perché i ritmi assurdi scoraggiato gli inviti.
Mi sono resa conto che la mia non era libertà, ma una sorta di frenetico Trivial Pursuit. Adesso, con la mia piccolina di 52 giorni in braccio trovo il tempo di leggere questo blog e chissà magari di prendere un aperitivo col suo papà. …
è una bellissima testimonianza, grazie di averla condivisa con me! a volte (anzi sempre più di frequente!) la maternità ci fa tornare un po’ in noi stesse e ricentrare la nostra vita…ti faccio tantissimi auguri per la tua piccolina, questi nani ci stravolgono la vita, ma per il meglio!!