Adesso, già so che probabilmente questo post segnerà una croce sopra sul mio blog da parte di qualcuna, pur non avendo il benché minimo intento polemico, ma nondimeno, sento il bisogno di parlare di questa cosa e so che, oltre a critiche o invettive sicuramente stimolerò anche qualche riflessione o un po’ di solidarietà. Perdonatemi, oggi gira così, sono in una modalità strana, un misto di tristezza ed euforia che non so nemmeno ben definire.
Partiamo da lontano: io non sono mai stata, come ho scritto più volte, una che si sdilinquiva per i bambini altrui. Provavo quel misto di soggezione/imbarazzo/impaccio di chi non è abituato a maneggiarli. Per carità, in un futuro vago sentivo di non escludere la maternità eh, non sono mai stata “anti bambini” nella mia vita, solo era un pensiero così, molto volante. Alla “se verranno bene, sarò contenta, altrimenti amen”, non mi sarei sparata, diciamo. Tutt’ora sono poco incline a immagini manieristiche alla Anne Geddes, eh. Però adesso non so che diamine m’è preso, non capisco se siano ormoni gravidici in circolo perenne o se sto diventando una vecchietta sentimentaloide (probabile, l’età avanza). Fatto sta che, diamine, io non riuscirei proprio a concepire un’idea del genere. E, lo ammetto, pur non giudicando, faccio una fatica smisurata a capire chi, per ragioni diverse da motivi veramente gravi o medici, faccia una scelta del genere. Non lo dico con disprezzo, proprio da chi guarda qualcosa di totalmente opposto a sé e non riesce a farsi un’idea. E sì che almeno, prima, avevo la giustificazione che la mia femminuccia era un angelo: dormiva, mangiava e dispensava sorrisi alle persone care. Adesso no, ho una specie di Attila tarantolato di notte e pure di giorno che a molte, ne sono certa, avrebbe fatto l’effetto di un anticoncezionale naturale doc. E invece niente, qui ogni volta che uno dei miei bimbi fa un passetto verso l’autonomia (svezzamento, spannolinamento, scuola ecc.) un pezzetto di me, in qualche angolino remoto, piange calde lacrime. Proprio io, sì, che mi facevo la mamma nordica che se ne frega. Proprio io, che mi rifiutavo (e ancora non accetto) di essere una mamma chioccia, per alcuni versi. Sarà che la mia, di mamma, è stata soffocante, ma adesso ho sempre paura di non trasmettere ai miei figli la serena autonomia (che non è “a 18 fuori a calci nel sedere” ma nemmeno “la mammà ti porta le lasagne che tua moglie cucina da schifo”). Però in tutto ciò mi rendo conto che, forse sono da neuro: da un lato smanio perché mi diano tregua e li spedirei ai campi estivi, ma dall’altro…se penso che non stringerò mai più un esserino minuscolo, non ne annuserò più l’odore di cielo, che non vedrò più nessuno sorridermi per la prima volta o commuovermi ai primi passi, soffro come un cane. Per questo non riesco a capire come si possa dire con sicurezza del 100% di chiudere completamente la porta a qualcosa di così meraviglioso, nonostante tutto. Nonostante le mille motivazioni di tipo pratico, non riuscirei a farmene una ragione, è qualcosa di troppo viscerale che non ce la farei a controllare. Nonostante le giornate in cui si sviene alle 8 di sera, quelle in cui ti fanno ammattire, quelle in cui i malanni di stagione si trasformano in un’ecatombe familiare. Sì, nonostante quelle, ne basta una in cui ti ritrovi circondata di manine e piedini, di coccole e risate nel lettone per cancellarne di colpo 120 stronze, come direbbe il buon vecchio Max Pezzali. In quei momenti sono assalita con prepotenza da questa “non sazietà” completa, come quando si assapora un dolce talmente buono che lo centellini di proposito per ritardarne la fine. Mi rendo conto che forse è un limite mio, ma vorrei sapere cosa ne pensate voi che siete già mamme come me e in particolare chi lo farebbe o lo ha fatto: cosa vi ha spinte/vi spingerebbe ad una scelta così radicale?
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