A pensarci bene la gravidanza in un certo senso ha delle inquietanti analogie con una sbronza…si passano le varie fasi tipo alticcia-allegrotta-euforica-melanconica-pazza furiosa. Ecco, direi che un mesetto/mesetto e mezzo prima del termine si entra di gran carriera nella fase 3 (e mi turba alquanto il pensiero di quello che viene dopo, all’approssimarsi -o, Dio non voglia, sforare- della “scadenza”, d’altronde non è che qualcosa di scaduto sia proprio il massimo, diciamocelo). Siccome però, ad ogni giorno basta la sua pena, per il momento meglio pensare al presente: ossia a quella sensazione irresistibile e quasi mistica di essere risucchiate senza volerlo, nel passato. Ebbene sì, persino chi è presa in quella dolce morsa delle mille incombenze di mamma bis che non ha certo grandi tempi morti per meditare, si trova all’improvviso catapultata in questa dimensione “metafisica”. Mentre è lì, con l’aspirapolvere a mezz’aria, risente, non si sa come, il profumo delle caramelle alla violetta e al rabarbaro che teneva la nonna nel cassetto e tirava fuori nelle grandi occasioni. Si ritrova a canticchiare involontariamente filastrocche simil ottocentesche, probabilmente già sentite generazioni prima ancora tipo “la pecora nel bosco” o “la storia dei sette fratelli scamiciati e senza camicia” (filone agro pastorale con sfondo tragico di miserie e natura matrigna). Poi ci sono quelle militaresche sul genere “indovina indovinello: son trecento cavalieri con la testa insanguinata” (altro che Kenshiro penserete…in realtà poi si scopre che sono le innocue e rassicuranti ciliegie, che avete capito…!) a cui seguono immancabilmente quelle delle educande da istituto religioso “fra le rose e le viole anche un giglio ci sta bene”, eco di un mondo ormai inghiottito dalle sabbie del tempo. Oltre a queste canzonette si ripresentano alla mente veri e propri flashback di scene vissute durante l’infanzia. I giri in triciclo sulla terrazza dei nonni mentre il sole cala o una passeggiata sul lungotevere con le foglie autunnali per terra. Quando proprio si è in palla la mente arriva fino al periodo prescolare che nel mio caso è trascorso in una specie di cottage alla Anna dai capelli rossi, in Canadà. Per cui mi rimanda l’immagine dello scoiattolo che abitava nella catasta di legna fuori dalla mia finestra (e di me che la mattina correvo subito ad affacciarmi nella speranza di cogliere qualche movimento dell’inquilino ritroso) o della fiera degli animali da fattoria proprio davanti al terreno di casa nostra….ricordo ancora lo zig zag tra le zampe di cavalli e mucche che a me tre-quattrenne apparivano gigantesche colonne vive e scalcianti di un tempio faunistico un po’ inusuale. Non so da cosa dipenda questo fenomeno, so che si è ripresentato puntualmente, al massimo con qualche sfumatura diversa, in tutte e tre le mie “dolci attese”. Se c’è una cosa che ho imparato da queste tre esperienze è che niente avviene per caso in questi nove mesi: il corpo guida la futura mamma nel richiedere le sostanze migliori e nel rifuggire le dannose. Ecco, partendo da un simile presupposto, mi sono spiegata lo status melanconico come un allenamento e un ritorno “alle origini” che favorisce una specie di morte e rinascita insieme al proprio bambino. E chissà che non serva anche a ricordarci di quando a nostra volta facevamo fare le notti in bianco ai nostri genitori, facevamo i capricci e siamo loro “costati”. La vita è preziosa proprio perché riceverne una è un impegno straordinario ma anche gravoso, e l’approssimarsi del parto ce lo ricorda prepotentemente, non senza, però, una scia di delicata tenerezza che funge da epidurale naturale.
P.s. disclaimer: se credete che questo post sia stato prodotto sotto effetto di allucinogeni….beh, il massimo che mi concedo come vizio al momento è qualche assaggino saltuario di innocentissima birra.
2 Comments
Sei la prima che sento, che racconta di tanti ricordi spuntati fuori in gravidanza come fiori dalla neve! La prima, a parte me: mi facevo dei viaggi nel tempo micidiali. Sarà come dici tu, per prepararsi alla rinascita, siamo comunque sul filo sottile tra questa e un’altra vita, un mistero enorme. O forse serve anche a riconnetterci con la nostra parte infantile…
sì, abbiamo bisogno del passato per prepararci al tuffo a catapulta nel futuro che è una nuova vita 😉